Inaugura a Città del Messico il Museo Jumex: cinque piani disegnati da David Chipperfield per conservare, ed esporre, le duemila opere della collezione di Eugenio López Alonzo. Tra gli industriali più ricchi dell’America Latina
La passione per il collezionismo l’ha colpito, in modo quasi inaspettato, nel 1994. Quando nemmeno trentenne, in visita a Londra, partecipa alla sua prima asta da Christie’s. Ignorando che nell’arco di appena due decenni diventerà titolare di una raccolta che vale 80milioni di dollari e conta su duemila opere firmate (tra gli altri) da Andy Warhol e Donald Judd, Cy Twombly e Jeff Koons, Olafur Eliasson e Maurizio Cattelan.
Tra le cose che Eugenio López Alonzo, oggi potentissimo titolare di uno dei colossi dell’industria agroalimentare dell’America Latina, all’epoca non poteva sapere, c’è anche la freschissima inaugurazione del suo Museo Jumex: spazio che contribuisce a trasformare il quartiere di Polanco, nel cuore di Città del Messico, in una delle nuove e più interessanti piattaforme culturali del Nuovo Mondo. Un impegno che gli vale, secondo l’autorevole rivista Forbes , il nobile paragone con Lorenzo de’ Medici.
Una sfida contro il tempo e contro le leggi dell’ingegneria quella richiesta a David Chipperfield, che firma il progetto del museo intervenendo su un’area di soli duemila metri quadri, frammento di terra all’ombra di un’altra imponente collezione privata: quel Museo Soumaya finanziato da Carlos Slim Helù, magnate delle telecomunicazioni accreditato da Bloomberg come l’uomo più ricco al mondo. L’archistar riesce nell’impresa di confezionare, nei vincoli imposti da una situazione non semplice, una struttura insieme funzionale e ricca di fascino.
Non potendo sfruttare lo spazio orizzontale Chipperfield è costretto a puntare su quello verticale: nasce un blocco di cinque piani in cemento armato rivestito in elegante travertino, struttura apparentemente pesante ma ingentilita da un’eccentrica e originale copertura a shed . Articolata in una cresta di lucernari che richiama nel proprio profilo l’iconografia della tipica fabbrica novecentesca. All’interno la collezione d’arte, in continua implementazione, ma anche la biblioteca privata più grande dell’intero continente.