Amore e Psiche: una favola d’arte a Monza

2 Febbraio 2014


È una delle coppie più fortunate della letteratura classica, fonte di ispirazione per la statuaria antica e poi per l’arte moderna – passando dalle tele dei maestri del Rinascimento fino alle eclettiche bizzarrie surrealiste. Amore e Psiche hanno da sempre suggestionato l’estro e la creatività: la loro storia di eros e passione, in forma d’arte, è oggetto di una intrigante antologica in mostra alla Villa Reale di Monza fino al prossimo 4 maggio.

Un binomio strettissimo quello tra i pezzi in arrivo dai musei archeologici di Venezia e Reggio Calabria, testimoni della sublime maestria degli scalpellini ellenistici e romani, e le opere dei vari Tintoretto e Palma il Vecchio. Arrivando fino alla sensuale plastica delle sculture di Rodin e alle divagazioni del Novecento: con lavori firmati da Lucio Fontana, Salvador Dalì e Tamara de Lempicka.

Le pose dell’arte antica, la flessuosa modellazione del corpo in rapporto allo spazio, creano ineludibili suggestioni per il moderno. Si arriva così alla splendida Ragazza sdraiata  di Giacomo Manzù, bronzo di ineguagliabile poesia;  ma anche all’enigmatica Space Venus  di Dalì, figura interrotta e spezzata, riassemblata in un gioco di linee e volumi che trasforma il rapporto tra l’uomo e il tempo.

Fulcro della mostra è la cosiddetta Rotonda dell’Appiani, ala della reggia costruita a fine Settecento da Piermarini e splendidamente affrescata proprio da Andrea Appiani. Con una teoria mitologica che riprende i passaggi salienti della favola di Apuleio, eternando con raffinato gusto neoclassico il sogno di un luogo senza tempo, dove perdersi nel fascino di forme estetiche morbide e sinuose, nel gioco sensuale di fontane e aggraziati coni ottici.