Un circo d’artista quello ideato negli Anni Venti da Alexander Calder, popolato di leggiadre sculture che ispireranno la sua produzione futura. Un progetto performativo che rivive, in mostra a Merano, grazie alle incredibili immagini di Ugo Mulas
È una storia di incontri straordinari quella messa in scena, fino a metà maggio, negli spazi di Merano Arte. Il primo, accidentale, ha luogo nella Parigi degli Anni Venti; e ha come protagonista un giovane artista americano e un ingegnoso giocattolaio balcanico. Il secondo, nell’Italia del Boom, vede quel ragazzo ormai cresciuto e diventato tra i più grandi creativi del suo tempo imbattersi in un fotografo dalla innata capacità di narratore. E offre risultati di pura magia.
Sono quasi quaranta gli scatti con cui l’indimenticabile Ugo Mulas ha raccontato l’atmosfera dell’eccentrico ed onirico circo animato da Alexander Calder; esperienza germinale per il suo concentrarsi sulla poetica dei cosiddetti mobiles , sculture dinamiche fissate nella fluidità dello spazio. Leggere e fascinose come trapeziste, eleganti e stupefacenti in un senso plastico da contorsionisti, colorate e gioiose nello spirito carnascialesco di un clown.
Il Circus Calder nasce così: ispirandosi ai primi giocattoli con giunture semoventi, introdotti dalla figura dell’avventuroso artigiano serbo conosciuto dall’artista nella Ville Lumière. E diventa presto prototipo di un’azione performativa, con i diversi pezzi compressi in valigie che si schiudono nelle più disparate località degli Stati Uniti, dove Calder mette in scena i suoi immaginifici spettacoli. Con leggiadre danze aeree ad anticipare la cifra delle sue opere più mature.
Un lavoro, questo, che Mulas impara a conoscere a margine della partecipazione dell’artista americano al Festival dei Due Mondi di Spoleto, nella memorabile edizione del 1962. Tra i due nasce un rapporto di sincera amicizia, patina di stima e affetto che traspare in modo ineludibile nell’indagine fotografica esposta a Merano. Dove – sublime gioco di prestigio – il capolavoro è duplice: nella stupefacente meraviglia delle installazioni di Calder e nella magniloquente potenza delle immagini di Mulas.
[nella foto: Ugo Mulas, “Alexander Calder”, Roxbury, 1963, Fotografia di Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas]