Sei artisti al lavoro, per mesi, insieme agli abilissimi artigiani di Ortisei; la creazione di installazioni nel materiale simbolo dell’area alpina: il legno. Un processo condiviso con la comunità per la quarta edizione della Biennale Gherdëina
Tradizione nell’innovazione, sguardo rivolto alle proprie radici ma al tempo stesso orientato al futuro; omaggio alle peculiarità del territorio, alla sua storia e alla sua anima, senza però chiudersi nella retorica dei localismi. Duplice la natura della quarta edizione della Biennale Gherdëina, evento che trasforma Ortisei, da questi giorni e fino al prossimo mese di ottobre, in affascinante piattaforma per l’arte contemporanea; spettacolare museo a cielo aperto.
Non un semplice evento espositivo quello orchestrato da Luca Beatrice, curatore del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia nel 2009. Piuttosto un progetto di interconnessione tra i linguaggi propri dell’arte e la vocazione microimprenditoriale di un territorio che, come molte aree montane, lega all’industria del turismo quella dell’artigianato. Ambito produttivo che viene da lontano, forte di una prassi cementata nei secoli, e che oggi affronta le inevitabili sfide della modernità.
Due artisti del luogo, ma noti a livello non solo nazionale, come Bruno Walpoth e Willy Verginer; un’altoatesina di stanza a Vienna, ovvero Sonia Leimer; e poi un inglese trapiantato in Friuli, Chris Gilmour, e il milanese Velasco Vitali. Incroci geografici, culturali e concettuali intriganti quelli che hanno portato i cinque ospiti della rassegna a lavorare per mesi a stretto contatto con maestranze locali. Elaborando opere inedite nel materiale simbolo della zona: il legno.
Un percorso condiviso con il tessuto di Ortisei e dintorni, un fare arte che è diventato facilitatore per maturare una concezione rinnovata dell’identità locale. Letta alla luce del confronto con esperienze altre. Le strade e le piazze della località dolomitica accolgono allora installazioni che sì portano la firma di questo o quell’artista, ma che si configurano come vere e proprie opere collettive, icone di un’intera comunità.
[nella foto: un dettaglio dell’opera di Velasco Vitali, photo Simone Perathoner]