Lirica: alla Scala un Rossini alla Buñuel

4 Luglio 2014


“Un ozioso. Un buffone. Un nobile un po’ degenerato. Frivolo, stupido… un figlio di papà che butta via il suo denaro senza pensarci e ha voglia di una cosa sola: saltare addosso a tutto quello che si muove” . Ritratto impietoso la lucidissimo quello che Laurent Pelly fa de Le Comte Ory, capolavoro del teatro comico di Gioacchino Rossini che il regista francese porta alla Scala di Milano dal 4 al 21 luglio. Per un allestimento che sceglie di astrarsi dalla Storia.

Abbandonata la tradizionale ambientazione duecentesca, lontana da ogni possibile riferimento all’epoca rossiniana, la versione di Pelly – che cura anche le scenografie – si colloca in una contemporaneità dai riferimenti molteplici, sospendendo la scena in una dimensione pienamente onirica. Nella quale non mancano, per ammissione dello stesso Pelly, gli accenti cinematografici: dal surrealismo di Buñuel al senso del ritmo di Chabrol.

Trascinante la trama del libretto, scritto da Eugène Scribe e Charles-Gaspard Delestre-Poirson, con il conte di Ory a fingersi eremita pur di scampare dagli obblighi militari. Ma risulta difficilissimo, per un impenitente libertino, mantenere con successo la copertura del sant’uomo: inevitabile allora, per questo antieroe guascone e irriverente, finire ad occuparsi con maggiore attenzione di problemi di cuore piuttosto che della salvezza dell’anima!

A sostenere la messa in scena milanese (co-prodotta dall’Opéra di Lione, dove è già andata in scena) un cast eccezionale. Brilla su tutti il nome di Juan Diego Flórez, considerato tra i maggiori interpreti rossiniani in attività; accanto a lui la giovane soprano polacca Aleksandra Kurzak, stupefacente per personalità e doti interpretative. Sul podio l’esperienza della bacchetta italiana di Donato Renzetti.

[nella foto: Le Comte Ory alla Scala. Foto Brescia / Amisano, courtesy Teatro alla Scala]