Russolo, oltre il Futurismo. Una mostra ad Ascona

14 Settembre 2014


Futurista? Certo. Ma non solo. Una personalità ricchissima quella di Luigi Russolo, protagonista eccentrico della scena artistica italiana della prima metà del Novecento. Vicinissimo al movimento di Filippo Tommaso Marinetti, del quale recepisce le istanze di fervente rinnovamento; ma allo stesso tempo originale interprete di una pittura di chiara matrice simbolista. Impostata su una tavolozza carica di nuance quasi lisergiche.

È il Museo Comunale d’Arte Moderna di Ascona, nel Canton Ticino, a mettere in scena da questi giorni e fino al prossimo dicembre un’indagine sulla stagione meno nota dell’artista veneto: quella che lui stesso, acuto e lucidissimo esegeta di se stesso, definì “classico-moderna”. Con il superamento delle agitazioni futuriste in favore di un recupero di temi tradizionali – il paesaggio naturalistico, il ritratto – proposti in una chiave di squisita e personalissima emotività.

Del periodo passato insieme agli amici Boccioni e Carrà arriva, in Svizzera, una riedizione dell’Intonarumore , macchina che Russolo brevetta nel 1913 come oggetto capace di dare dignità musicale ai suoni propri della grande città; ma l’attenzione si sposta presto alle tele nate a partire dalla fine degli Anni Trenta, dopo l’illuminante soggiorno parigino, l’avvicinamento alle filosofie orientali e alla pratica della meditazione.

Al di là della materia titola il fondamentale saggio scritto dall’artista e, dunque, anche la mostra di Ascona. Dove l’immaginario dell’ultimo Russolo si dipana in modo chiarissimo, nella compostezza zen di paesaggi trattati con pennellate piane, colori primari selezionati con la dedizione di chi persegue attraverso la pittura la strada per una rasserenante pacificazione interiore. Vera e propria quiete giunta dopo la tempesta delle avanguardie.