Yves Klein e Lucio Fontana. Al Museo del Novecento di Milano

22 Ottobre 2014


Milano, quartiere di Brera. È l’inverno del 1957. Una abbondante nevicata non invoglia granché ad uscire di casa per raggiungere la Galleria Apollinaire, dove esordisce in Italia un giovane artista francese. Con dodici tele monocrome: una rossa, le altre completamente blu. Ma di un blu diverso, mai visto prima così intenso, smagliante, abbagliante, esplosivo. Quel giovane artista si chiama Yves Klein. E tra i suoi ammiratori, in quella fredda giornata di quasi sessant’anni fa, c’è un certo Lucio Fontana.

Straordinaria la mostra che al Museo del Novecento evoca quell’incontro, eletto a simbolo di un rapporto dialettico e artistico incredibilmente intenso. Novanta opere per raccontare l’intreccio di due esperienze che scorrono lungo l’asse che unisce Milano a Parigi, nella comune necessità di spezzare l’equilibrio della consuetudine e dare nuove risposte alle eterne domande dell’arte. Disarticolando lo spazio, e il tempo, secondo diverse prospettive.

Arrivano da importanti collezioni pubbliche e private di tutta Europa le opere di Klein, per un abbraccio che le ricongiunge ai tanti capolavori di Fontana conservati nello stesso spazio milanese; il percorso espositivo, allora, sottolineato dallo scorrere di luci di Wood, coinvolge l’intero museo. Senza soluzione di continuità, avvincente caccia al tesoro che sa essere fotografia di una stagione artistica unica e irripetibile.

Impossibile non perdersi negli aneddoti e nei passaggi della approfondita sezione documentaria, che racconta di viaggi e miraggi, pulsioni ed emozioni spesso condivise; inenarrabile la meraviglia che suscita l’allestimento ad hoc della Sala Centrale del museo, con affaccio mozzafiato su Piazza del Duomo. Con la Struttura al neon  di Fontana, candida nuvola minimal, a specchiarsi nel Pigment Pur  di Klein, mare blu che inghiotte con la sua magnetica forza di sirena.