Addio a Phil Stern, mito della fotografia

15 Dicembre 2014


Di aneddoti attorno alla sua vita ce ne tantissimi, ma ne basta forse uno solo per spiegare cosa abbia rappresentato Phil Stern per l’America e per la società dello spettacolo. Siamo nel 1961 e l’allora giovane reporter non viene ammesso all’esclusivo e blindatissimo party che celebra l’elezione alla Casa Bianca di tale John Fitzgerald Kennedy. Sta quasi per arrendersi, Phil, davanti agli irremovibili buttafuori, quando una mano amica gli fa scivolare in tasca un pass vip. La mano è quella di Frank Sinatra.

Non ci sarebbe stato il mito di Hollywood, così come si è eternato nell’ultimo mezzo secolo, senza lo sguardo delicato e rispettoso di Phil Stern, grandissimo interprete di una fotografia ancora eroica, pura, forte nella sua fedeltà all’analogico, ad un approccio fisico, materico, quasi artigianale al lavoro. Ha vissuto tanto e intensamente il grandissimo reporter, nato a Philadelphia e svezzato nel Bronx, lui stesso icona di quel sogno americano che ha contribuito a raccontare. Nelle scorse ore l’ultimo suo sguardo sul mondo, all’età di 95 anni.

Con Stern se ne va una figura leggendaria, autore di immagini  che sono entrate nell’iconografia del Novecento. Fin dall’inizio della sua carriera, con il memorabile reportage al seguito delle truppe alleate durante lo sbarco in Sicilia: siamo nel 1943 e gli scatti di Stern, a partire da quello del gracile contadino che dà indicazioni ai marines, sono tra le più felici e fortunate rappresentazioni della Seconda Guerra Mondiale che ci siano rimaste.

Dopo questo letterale battesimo del fuoco Stern rivolge il suo obiettivo all’esplosiva California del dopoguerra, alla fascinosa e seducente fabbrica dei sogni. Accetta di fotografare una ancora sconosciuta Marilyn Monroe, ed è proprio come ritrattista che si impone sulla scena internazionale: catturando nella sospensione di un istante l’anima di personalità come James Dean, John Wayne, Marlene Dietrich, Humphrey Bogart, Liz Taylor…