Due musei in fase di progettazione che, al di là delle caratteristiche architettoniche individuali, sono accomunati da un gesto di mecenatismo contemporaneo a cui devono tutto.
Uno è un progetto ufficiale, di cui il creatore ha anzi parlato a lungo in un recente articolo sul Wall Street Journal. Dell’altra opera, invece, devono ancora conoscersi tutti i dettagli, perché al momento i diretti interessati osservano il più stretto silenzio stampa. Stiamo parlando di due musei in fase di progettazione che, al di là delle caratteristiche architettoniche individuali, sono accomunati da un gesto di mecenatismo contemporaneo, a cui devono tutto.
Il primo caso è quello del Garage Museum of Contemporary Art di Mosca, Russia, fondato da Dasha Zhukova nel 2008 e diventato già un’istituzione culturale di primissimo piano. Il museo ha ancora una sede temporanea, ma il padiglione prefabbricato che lo ospita porta già la firma di un architetto più che rinomato: il giapponese Shigeru Ban, vincitore di quel Pritzker Prize che in architettura è l’equivalente del Nobel. Non contenta, ora Dasha Zhukova ha dato a Rem Koolhaas l’incarico di progettare la sede definitiva del museo, sempre all’interno del Gorky Park.
Intervistato durante una perlustrazione del cantiere, l’architetto olandese ha dato prova di avere le idee ben chiare sulla sua opera futura. Si tratterà di un’architettura che si discosta intenzionalmente dall’estetica del “cubo bianco”, edificio-contenitore luminoso ma neutro che si è imposto come “tipo” in Occidente. Al contrario, Rem Koolhaas è deciso a mantenere viva la memoria della Russia comunista, periodo storico fortemente connotato sia a livello ideologico che culturale. A tal punto che, al giorni d’oggi, le opere architettoniche dell’ex URSS stanno subendo una sorta di “epurazione”, sottoposte a un giudizio morale invece che artistico: vengono abbattute proprio perché ricordano un passato scomodo. Il nuovo Garage Museum, stando alle dichiarazioni di Koolhaas, manterrà invece intatte le strutture che ancora restano all’interno del Gorky Park, nonostante i vent’anni di abbandono a seguito della caduta dell’Unione Sovietica: una doppia parete in policarbonato – una plastica traslucente dalle grandi performance – avvolgerà la preesistenza come una sorta di esoscheletro.
Nessuna anticipazione, e neppure un annuncio definitivo, trapela invece in merito al museo che Renzo Piano starebbe progettando per il sito archeologico di Ercolano. Anche qui, come anticipato in apertura, l’interessamento di un architetto di prestigio sarebbe stato preceduto da quello di un filantropo: David W. Packard, figlio di uno dei fondatori dell’azienda Hewlett-Packard. Il mecenate, nonostante il riserbo, ha già investito diversi milioni di euro a Ercolano, di cui infatti è stato nominato cittadino onorario. Dopo aver supportato Pompei portando sul campo una propria squadra di specialisti, sembra appunto che abbia invitato l’architetto genovese a fare un sopralluogo in prossimità degli scavi, per realizzarvi una struttura in grado di ospitarne finalmente le migliaia di reperti.