In mostra al Museo Carlo Bilotti di Roma fino al 26 aprile, gli scatti di Maurizio Orrico stabiliscono suggestive assonanze tra Berlino e Pechino, in nome di un linguaggio universale: la luce.
Se dovessimo pensare a un comune denominatore tra Berlino e Pechino, o in generale tra la Germania e la Cina, forse non ci verrebbe in mente neppure una risposta. Eppure, la luce che le illumina è la stessa, per quanto le due città sembrano appartenere a due universi – culturali, visivi, politici, sociali – così diversi. A cercare – e trovare! – un trait d’union all’apparenza inesistente, ci ha pensato Maurizio Orrico con le sue fotografie.
Al Museo Carlo Bilotti di Roma sono ora in mostra una ventina di scatti (alcuni dei quali riportati nella nostra photogallery) realizzati per questo “diario di viaggio”, come lo definisce Italo Zannier. È lui il curatore dell’esposizione Light Shapes – Between Berlin and Beijing, una mappa ideale di luoghi visti con il cuore, più che con l’obiettivo fotografico. Infatti, il portfolio in mostra è stato realizzato da Orrico con macchine differenti, dalla digitale alla Leica, perché più che la tecnica contava restituire le atmosfere di questi scenari, trasmetterne l’essenza al di là di qualsiasi intento di catalogazione: “Indipendentemente dal soggetto, dall’anno di esecuzione o dal percorso geografico”, conferma Zannier.
Obiettivo artistico dell’obiettivo fotografico diventa quindi l’universalità del viaggio compiuto dall’uomo su questa terra, di cui architetture e infrastrutture diventano le impronte visibili.