Speciale Pasqua: la Resurrezione nell’arte 5 Aprile 2015
Dal Medioevo all'arte contemporanea, vi presentiamo dieci opere d'arte che declinano in altrettanti stili e composizioni il soggetto sacro della Resurrezione di Cristo. Facendo del tema religioso occasione per esprimere non solo la spiritualità del tempo, ma gli stessi progressi compiuti dalle tecniche artistiche.
Giotto, Resurrezione (Noli me tangere), 1303-05 circa. Affresco, Cappella degli Scrovegni, Padova La maestria raggiunta da Giotto nel Trecento – vero “precedente storico” per la rappresentazione naturalistica che poi dominerà la pittura moderna dal Rinascimento agli Impressionisti – fa sì che a Padova riesca a rappresentare nello stesso affresco due soggetti correlati. A sinistra abbiamo infatti tutti gli elementi dell’iconografia della Resurrezione di Cristo: il sepolcro scoperchiato, le guardie addormentate ai suoi piedi mentre gli angeli si siedono sul bordo.
Il Cristo che vediamo rappresentato ha destra, nella tipica posa “trionfante”, si sta però rivolgendo a Maria Maddalena in un incontro che – riportano i testi sacri – è successivo alla resurrezione. È il momento in cui Gesù dice alla Maddalena “noli me tangere”, ovvero di non toccarlo (trattenerlo), perché non appartiene più al mondo materiale.
Piero della Francesca, Resurrezione, 1450-63. Affresco, Museo Civico, Sansepolcro Se Giotto impiega tutta la sua capacità per esprimere moti drammatici nei corpi ed emozioni nei volti dei suoi soggetti, Piero della Francesca riporta la resurrezione di Gesù a una composizione più statica, ma che per questo ispira una maggiore riverenza. Il Cristo si erge dal sepolcro con una solennità e una forza che non è certo umana, se alle sue spalle lo stesso paesaggio percepisce la potenza del miracolo in atto: a sinistra, è inverno e morte; a destra, al contrario, splende una rigogliosa estate. Allo stesso modo, i soldati dormienti sono destinati a passare il resto della loro vita nelle tenebre dell’ignoranza, perché non conoscono l’illuminazione divina.
Andrea Mantegna, Resurrezione, 1457-59. Tempera su tavola, Musée des Beaux-Arts, Tours Già con Piero della Francesca, la perfezione divina e quella delle forme geometriche vengono direttamente accostate. Andrea Mantegna approfondisce una simile relazione, ma alla purezza di composizioni basate sul triangolo e il cerchio preferisce una costruzione prospettica, dove persino la grotta della sepoltura diventa un perfetto abside naturale che incornicia il miracolo della resurrezione. Anche qui, calcolo e spiritualità coincidono in senso letterale, perché tutte le linee di fuga conducono alla figura del Cristo avvolto dalla luce.
Matthias Grünewald, Resurrezione – Altare di Isenheim, 1512-16. Olio e tempera su tavola, Musée d’Unterlinden, Colmar, Alsazia (FR) L’Altare di Isenheim, l’opera più importante eseguita da Matthias Grünewald, è un polittico di straordinaria complessità: grazie ad ante fisse e pannelli rimovibili, è capace di assumere tre diverse configurazioni e, quindi, altrettanti cicli narrativi dipinti. Il pannello della Resurrezione è visibile alla prima apertura dell’Altare, insieme alle storie della vita mariana.
A differenza del Rinascimento italiano, quello tedesco – di cui Grünewald è protagonista indiscusso – presta meno attenzione alla correttezza anatomica e prospettica, in favore di una rappresentazione magistrale di luci e riflessi. L’espressività del soggetto è qui affidata al colore, a un’intensità abbagliante che in Italia i pittori troverebbero più adatta a rappresentare Gesù che ascende al Cielo, piuttosto che una “semplice” resurrezione.
Tiziano Vecellio, Resurrezione – Polittico Averoldi, 1520-22. Olio su tavola, Collegiata dei Santi Nazaro e Celso, Brescia Se c’è una scuola di pittura italiana sensibile a luci e colori come nel Nord Europa, è quella veneziana. Non stupisce quindi che Tiziano, come Grünewald, fonda gli elementi tipici della resurrezione con quelli dell’altro tema sacro, l’Ascensione. A differenza del tedesco, però, il pittore rinascimentale italiano riesce a combinare anche verosimiglianza e illuminazione drammatica: non è il bellissimo corpo di Gesù – un Cristo in carne e ossa, reale pur se perfetto – a irradiare luce, ma il suo trionfo accade sullo sfondo di un’aurora infuocata. Il fenomeno naturale diventa così metafora di una rinascita spirituale.
Rembrandt van Rijn, Resurrezione, 1639. Olio su tela, Alte Pinakothek, Monaco / Rembrandt guarda proprio a Tiziano per la sua Resurrezione… ma guarda al Tiziano “sbagliato”, almeno da un punto di vista iconografico, perché composizione di Rembrandt prende a modello l’Assunzione della Vergine realizzata dal maestro veneziano nella Chiesa dei Frari. Anche qui, infatti, sono gli Angeli a intervenire da tramite per liberare il corpo terreno del suo peso, aiutandolo a innalzarsi verso il Cielo. Riconoscibilissima anche in quest’opera di Rembrandt è la sua predilezione a far emergere il soggetto dalla tenebra stessa, apparizione divina che non ha bisogno di scendere a patti con le leggi della verosimiglianza per giustificare il proprio essere.
Luca Giordano, Resurrezione, dopo il 1665. Olio su tela, Residenzgalerie, Salzburg Il napoletano Luca Giordano – detto Luca Fa Presto per la velocità e copiosità della sua produzione artistica – ha ormai fatto proprio un intero secolo di sperimentazioni con luci dinamiche e composizioni drammatiche. Dopo Tiziano, ma anche il barocco dei chiaroscuri di Caravaggio e delle opere popolate di Rubens, Giordano può rappresentare una Resurrezione persino eccessiva – rococò – nell’opporre luci e ombre, il Cristo che ascende in trionfo al regno divino e gli uomini miscredenti, irrimediabilmente schiacciati nella porzione più bassa della tela (e dell’universo).
Giovanni Battista Tiepolo, Resurrezione, 1738? Olio su tela, Cattedrale di Santa Maria Annunziata (duomo), Udine Da un maestro della leggiadria qual è stato Tiepolo, potremmo aspettarci una composizione ben più vertiginosa di questa. Eppure, gli ultimi anni del pittore veneziano lo vedono tornare a rappresentazioni dove domina ancora il cielo, sì, eppure i soggetti evitano di sfoggiare pose improbabili per sottolineare la sola maestria tecnica del pittore. La Resurrezione del Duomo di Udine risulta così viva e vitale ma anche intima, meditata perché non c’è vergogna nel mostrare che un risultato eccellente viene comunque da un travaglio interiore, che ben si addice al tema sacro.
Graham Sutherland, Noli me tangere, 1961. Olio su tela, Cattedrale di Chichester, West Sussex – Gran Bretagna Tornando alle origini del nostro percorso, un contemporaneo come Graham Sutherland ripropone nel 1961 uno dei due soggetti scelti da Giotto per la Cappella degli Scrovegni. Se la distanza opposta da Cristo alla sua fedelissima Maddalena ha lasciato sgomenti i credenti per secoli, è pur vero che questo momento di dubbio – in cui la donna non riconosce la divinità e la divinità non si manifesta con chiarezza – è forse quello che meglio interpreta la sensibilità contemporanea nei confronti della religione: un rapporto mediato, non lineare com’è stato invece nelle epoche passate. Nella seconda metà del Novecento, con la guerra alle spalle, Sutherland aggiunge spigoli e angolosità alla rappresentazione, a ribadire che la strada verso la spiritualità non si è persa del tutto… ma, di certo, non è più dritta e “ortodossa”.
Pericle Fazzini, Resurrezione, 1970-75. Scultura in bronzo, Aula Nervi, Stato della Città del Vaticano, Roma La spettacolare scultura di Pericle Fazzini ha per committente il più alto rappresentante della cristianità cattolica: fu papa Paolo VI a dare mandato nel 1965 perché si realizzasse un gruppo scultoreo da destinare all’aula omonima in Vaticano. L’Aula Nervi – conosciuta anche sotto questa denominazione dal nome del costruttore – ospita quindi una Resurrezione che ha il compito di rappresentare il massimo Mistero della fede, nel cuore stesso della religione cattolica: lo Stato della Città del Vaticano. In venti metri di larghezza, Fazzini non lascia spazio ad alcun dubbio e riafferma il credo cristiano permettendo a Cristo di svettare sui suoi fedeli, estendendo un abbraccio che li mette al riparo dal caos indistinto che regna alle sue spalle.