San Francisco dedica alla cantante scomparsa nel 2011 una retrospettiva delicata e profonda, accostata a un’interpretazione contemporanea di un giovane mito della musica.
Il Contemporary Jewish Museum di San Francisco apre le porte all’intenso rock di un talento sfumato prematuramente. Amy Winehouse. A Family Portrait è il titolo della rassegna che fino al primo novembre accende nuovamente i riflettori su una cantante dalla voce inconfondibile, autrice di brani dalla forte impronta jazz entrati nell’Olimpo della musica contemporanea.
La mostra – che anticipa l’uscita di Amy, il film documentario sulla vita della Winehouse – raccoglie una serie di memorabilia appartenenti alla cantante scomparsa e alla sua famiglia, in un ritratto privato che non sembra indulgere sui dettagli più foschi legati alle tragiche vicissitudini riguardanti l’esistenza della giovane – dalla dipendenza alcolica alla depressione, né sulla sua fede ebraica. Libri, dischi, abiti, copertine di giornali tratteggiano la vita non solo di una rockstar, ma di una ragazza londinese alla ribalta di una fama planetaria.
L’altro evento espositivo allestito nelle sale contigue – You Know I’m No Good – propone un focus sul lavoro di tre artisti ispiratisi all’icona di Amy Winehouse. I disegni di Rachel Harrison, il murale di Jason Jägel e i dipinti di Jennie Ottinger vanno a comporre un mosaico interpretativo di una personalità entrata nell’immaginario pop contemporaneo, con tutto il carico di emotività e talento che la Winehouse era in grado di trasmettere.
[Immagine in apertura: Mark Okoh, Amy at her home in Camden town, dettaglio, 2004, parte della mostra ‘Amy Winehouse: A Family Portrait’ al Contemporary Jewish Museum, San Francisco]