Diciannove anni fa, Los Angeles diceva addio a una delle voci più forti della musica rap. Il venticinquenne Tupac Amaru Shakur scompariva all’apice della sua carriera.
Il 13 settembre 1996 moriva a Los Angeles uno dei più controversi e acclamati cantanti della scena rap internazionale, Tupac Amaru Shakur. Nato a New York solo 25 anni prima, Lesane Parish Crooks – questo il suo nome all’anagrafe – aveva bruciato le tappe della celebrità con i suoi testi di denuncia sociale e i suoi ritmi incalzanti.
Ribattezzato Tupac Amaru Shakur in omaggio a Tupac Amaru II, rivoluzionario del Perù contro gli spagnoli all’epoca coloniale, la sua esistenza fu piuttosto travagliata fin dall’infanzia, vissuta in un contesto di grande povertà.
Trasferitosi a Baltimora e poi in California, Tupac raggiunse ben presto il successo con il primo album pubblicato nel 1991, 2Pacalypse Now. Racconti sulla vita nel ghetto, sul razzismo, sulla droga e le vicende di alcolismo fecero dei suoi testi uno spaccato della vita di strada.
Coinvolto in risse e denunce per violenze, il rapper trascorse gli ultimi anni di vita alternando incredibili successi discografici – come Strictly 4 My N.I.G.G.A.Z. e Me Against the World – ad aule di tribunale e sparatorie.
Fu proprio una di queste a ucciderlo, a causa di cinque proiettili che lo colpirono da un’automobile in corsa, a Los Angeles. L’intera vicenda rimane uno dei capitoli più controversi dell’eterna faida hip hop tra East e West Coast americane.