Ha raccolto consensi alla Mostra del Cinema di Venezia e ora è atteso sul grande schermo. L’ultima pellicola del regista russo mescola arte e potere sullo sfondo di uno dei più celebri musei al mondo.
Presentato alla 72esima Mostra del Cinema di Venezia, il nuovo film dell’acclamato regista russo Aleksandr Sokurov fa già parlare di sé. Francofonia riflette infatti sul rapporto – molto discusso – tra arte e potere, creando un intelligente ponte che unisce fatti storici e contemporaneità: il cineasta punta i riflettori su argomenti quanto mai attuali, come la necessità di preservare il patrimonio artistico dallo scempio dei conflitti bellici.
Calata nel turbolento scenario della Seconda Guerra Mondiale, la pellicola fa rivivere un eccezionale capitolo storico. Al centro del racconto c’è la fortunata collaborazione tra due individui separati dall’appartenenza a schieramenti opposti, ma accomunati dalla volontà di salvaguardare la preziosa collezione di uno dei templi dell’arte mondiale, il Louvre.
L’intera narrazione filmica ruota attorno a Jacques Jaujard – conservatore in carica presso l’istituzione parigina nel momento in cui la Francia fu occupata dai nazisti – e il conte Franziskus Wolff-Metternich – l’uomo mandato da Berlino per ispezionare l’inestimabile raccolta di capolavori custodita dal museo francese.
Nonostante la tante contingenze che li dividevano – innanzitutto, il primo era un funzionario mentre il secondo un aristocratico – i due furono in grado di unire le forze per raggiungere un obiettivo più forte della guerra.
Ambientato proprio al Louvre, il film gioca su piani narrativi diversi e complementari. Questa volta il regista di Arca Rossa – che vedeva protagonista il museo dell’Hermitage – lavora su più livelli, alternando il proprio racconto voice over a riprese di se stesso nel suo studio casalingo, mescolate a inquadrature delle principali opere del Louvre e a immagini di Parigi all’epoca del secondo conflitto mondiale. Per una vicenda capace di scavalcare le epoche e di infondere speranza nella possibilità di opporre l’intelligenza alle brutture della guerra.