Una secca ha riportato alla luce - per la seconda volta - i resti di una chiesa coloniale nel sud del Messico, sommersa dal 1966. Un evento suggestivo, che ha attirato le attenzioni di curiosi e della stampa internazionale.
È stato necessario che il fiume Grijalva andasse in secca, nello stato messicano del Chiapas, per far riemergere i resti di una chiesa di epoca coloniale dalle acque del bacino di Nezahualcóyotl. Conosciuto come il Tempio di Santiago, l’edificio fu costruito da un gruppo di monaci domenicani nel XVI secolo per servire il villaggio di Quechula; quando si diffuse la grande peste del 1773-1776, però, il centro abitato fu abbandonato e anche la chiesa subì la stessa sorte.
Con la diminuzione del livello idrico di 25 metri, causata dalla siccità registrata quest’anno nel Paese, i resti dell’architettura sono riaffiorati dal passato per la seconda volta dal 1966, quando finì sommersa in seguito alla costruzione della vicina diga. Nel 2002, il livello dell’acqua era talmente basso che le persone potevano addirittura camminare tra le rovine della chiesa.
“Fu costruita pensando che Quechula potesse diventare un grande centro abitato, ma questo non si realizzò mai”, spiega l’architetto Carlos Navarrete, che ha lavorato con le autorità messicane al report sulla struttura. “Probabilmente non ebbe mai neanche un prete apposito, ma ricevette visite dai funzionari delle vicine città più grandi.”
[Immagine in apertura di Exploring Chiapas, fonte Instagram]