Il Museo Thyssen-Bornemisza sta per inaugurare un’originale esposizione sulla storia ottocentesca dell’Ovest americano, attraverso l’opera degli artisti che lo trasformarono nel “selvaggio West”.
Martedì 3 novembre, il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid aprirà al pubblico le porte de L’illusione della frontiera americana, l’avvincente rassegna che, fino al 7 febbraio 2016, getterà una luce inedita sul mito del “selvaggio West” americano, interpretato dai protagonisti dell’arte occidentale ottocentesca.
Per la prima volta in Spagna, una mostra ripercorrerà i passi degli artisti che scelsero di ritrarre le terre più a ovest degli attuali Stati Uniti, interpretando con la creatività gli usi e i costumi dei Nativi Americani, via via schiacciati dall’impresa coloniale. Gli artisti contribuirono a creare l’illusione di un Ovest selvaggio, combinando l’entusiasmo del Romanticismo con i pregiudizi dell’uomo bianco.
Attraverso una selezione di dipinti, fotografie e oggetti d’epoca – alcuni dei quali risalenti addirittura alle prime esplorazioni spagnole, nel sedicesimo secolo – la mostra svela le origini artistiche del mito degli indiani “non civilizzati”, immersi in una natura incontaminata.
Le opere di Karl Bodmer, George Catlin, Henry Lewis, Albert Bierstadt, Edward S. Curtis e Carleton E. Watkins, solo per citarne alcune, rivelano un capitolo della storia dell’arte che merita di essere approfondito.
[Immagine in apertura: Charles Wimar, The lost trail, 1856, Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid]