'Uncle Howard' è il toccante ritratto del regista e sceneggiatore prematuramente scomparso, testimone e cronista della New York di William S. Burroughs, Patti Smith, e Allen Ginsberg.
La parabola umana e professionale di Howard Brookner, una delle più promettenti figure della cinematografia indipendente statunitense, ha ispirato il documentario che il nipote, Aaron Brookner, ha presentato lo scorso gennaio al Sundance Film Festival e più di recente alla 66esima edizione della Berlinale.
Uncle Howard, frutto di un lavoro di ricerca intrapreso nel 2012, restituisce un appassionato ritratto dell’artista e dell’uomo, combinando momenti della vita familiare di Brookner con preziosi e spesso inediti materiali d’archivio.
La vicenda del regista e sceneggiatore, morto nel 1989 all’età di 34 anni dopo aver perso la sua battaglia contro l’AIDS, diviene anche l’espediente per un viaggio nel tempo nella New York degli anni Ottanta, una città grintosa dove numerosi artisti e creativi trovarono terreno fertile per porre le basi della loro poetica.
Proprio a Brookner – che all’epoca “faceva squadra” con autori quali Spike Lee e Jim Jarmusch – si deve il più celebrato documentario (autorizzato) sullo scrittore William S. Burroughs (nella foto in apertura, proprio con il regista); un lungometraggio che è uno spaccato di quel periodo, con camei di Patti Smith, Allen Ginsberg e Francis Bacon, che il nipote Aaron ha reso il punto di partenza del proprio stesso documentario.