I siti dichiarati Patrimonio dell’Umanità nel 2016

1 Agosto 2016

Monastero della Vergine Hripsimian Ani Armenia Turchia archeologia sito unesco patrimonio umanità

Non ci sono solo i 17 edifici, edificati in 7 differenti Paesi, a opera dell’architetto e urbanista Le Corbusier, tra i nuovi siti dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nei giorni scorsi.
Portando a 1052 il numero complessivo dei luoghi iscritti nella prestigiosa lista – tra questi 814 sono quelli di interesse culturale, 203 hanno rilievo ambientale e 35 combinano entrambi gli aspetti – l’UNESCO quest’anno si è indirizzato in particolare verso l’Asia e il Medio Oriente, senza però dimenticare l’Europa, l’Africa e l’America.

Il titolo è stato assegnato al sito archeologico di Filippi, in Grecia, una città della quale sono oggi visibili il teatro, un tempio funerario e parte del circuito murario, che nel periodo di massimo splendore era considerata una sorta di “piccola Roma”.
Si trova invece in Turchia, a ridosso del confine con l’Armenia, il complesso archeologico di Ani (nella foto in apertura: il Monastero della Vergine Hripsimian, fonte Wikipedia), capitale del regno armeno dei Bagratidi e snodo di rilievo lungo la Via della Seta. Risalgono al III millennio a.C., i monoliti di Antequera, nella regione spagnola dell’Andalusia, distribuiti in tre aree. Le scogliere calcaree delle cosiddette grotte di Gorham, a Gibilterra, racchiudono al loro interno testimonianze archeologiche e paleontologiche che attestano la presenza dell’Uomo di Neanderthal per oltre 120 anni.

Dalla roccia calcarea sono stati ricavati anche i 28 siti cimiteriali noti con l’appellativo di “stecci” della Bosnia-Erzegovina, risalenti al periodo tra il XII e il XVI secolo. Varcando i confini europei, risulta rafforzata la presenza della Cina grazie ai due nuovi siti iscritti: il Shennongjia Forestry District, contraddistinto da una straordinaria biodiversità, con circa 5.000 specie vegetali presenti, e i 38 siti di arte rupestre realizzati dal popolo Luoyue, tra il V secolo a C. e il II secolo d.C. Stesso risultato lo consegue anche l’India, piazzando sia il Nalanda Mahavihara, un sito archeologico che racchiude i resti di una struttura monastica e di un complesso scolastico, ritenuto il più antico per fondazione dell’interno subcontinente, sia il parco nazionale del Khangchendzonga, a ridosso dell’Himalaya. Si trovano in Iran, invece, sia il deserto di Lut, sottoposto a forti venti che portano alla formazione di incredibili dune, sia il cosiddetto “qanat persiano”, un sistema di condotti sotterranei che assicura l’approvvigionamento idrico.

Viene condiviso da Kazakistan, Kyrgyzistan e Uzbekistan, il sistema montuoso Tien-Shan occidentale, mentre l’Iraq conquista l’iscrizione attraverso un complesso di destinazioni mesopotamiche di notevole interesse archeologico, ubicate lungo il delta del Tigri e dell’Eufrate.
Nuovi ingressi anche per il continente americano: divengono infatti Patrimonio dell’Umanità anche l’arcipelago vulcanico di Revillagigedo, in Messico, il Mistaken Point a Terranova, in Canada, con i suoi incredibili fossili, i resti delle struttura della Marina di Nelson, sull’isola caraibica di Antigua, e il Conjunto Arquitetônico da Pampulha, un sistema di edifici progettati dall’architetto Oscar Niemeyer a Belo Horizonte, in Brasile.
La lista aggiornata include anche il paesaggio naturale e culturale dell’Ennedi Massif in Ciad, i parchi marini di Sanganeb e della baia di Dungonab Bay-isola di Mukkawar, nel Mar Rosso, e lo spettacolare arcipelago di Nan Madol, in Micronesia, costituito da centinaie di isole bagnate dall’Oceano Pacifico.