Fino al 10 settembre 2017, il prestigioso museo ripercorre la straordinaria storia della M.A.I. - Missione Archeologica Italiana in Egitto che, sotto la direzione di Ernesto Schiaparelli, tra il 1903 e il 1920 arricchì la collezione dell'istituzione torinese con circa 30mila reperti.
È una storia avvincente che non mancherà di appassionare, quella restituita dalla mostra Missione Egitto 1903-1920. L’avventura archeologica M.A.I. raccontata, appena inaugurata al Museo Egizio di Torino. Riportando le lancette del tempo indietro, fino ai primi decenni del XX secolo, per la prima volta il percorso espositivo riunisce documenti d’archivio e materiali fotografici – tra cui alcuni inediti – per ripercorrere l’eccezionale impresa della Missione Archeologica Italiana che operò in Egitto sotto la direzione di Ernesto Schiaparelli con risultati straordinari.
Tra successi, imprevisti e difficoltà, nella narrazione della mostra la vicenda storica delle campagne di scavo che si susseguirono nel corso di 17 anni si intreccia con le storie personali dei soggetti coinvolti. Misurandosi con un allestimento nel quale confluiscono contenuti multimediali, mappe, fotografie di grande formato, ricostruzioni di ambienti fisici e virtuali, i visitatori sono incoraggiati ad approfondire soprattutto il lavoro di scavo, “uno degli aspetti che reputiamo fondamentali per la vita dell’Egizio“, come ha sottolineato il Direttore del Museo Christian Greco.
Infatti, oltre a rappresentare una nuova occasione per conoscere l’eccellente patrimonio della collezione museale, incrementato proprio dalla Missione con oltre 30mila reperti, la mostra propone una serie di stimoli evocativi. A confermarlo, la collaborazione intrapresa dal Museo con la Scuola Holden, che confluisce in una serie di contenuti speciali di storytelling. Insieme a musiche e dialoghi estratti da film, i visitatori vengono accompagnati lungo il percorso proprio da Schiaparelli: il grande egittologo li conduce con sé nel viaggio dal suo ufficio di Torino fino all’Egitto di inizio Novecento.
La straordinaria quantità di testimonianze artistiche, recuperate da archeologici e tecnici italiani, offre dunque l’espediente per un racconto nel quale un posto di primo piano è riservato alla quotidianità delle missioni e alle sue necessità contingenti; dal superamento dei problemi relativi al reperimento di fondi, all’organizzazione logistica; dall’approvvigionamento di materiali alle dure condizioni di vita e di lavoro sul cantiere.