Realizzato tra Italia, Grecia, Francia, Svizzera, Portogallo, Regno Unito e Islanda, il progetto dell'artista originario di Vibo Valentia rompe le barriere tra fotografia, scultura e performance, concedendo allo stesso Lo Schiavo la facoltà di controllare l'intero processo di creazione.
Esposta nei mesi scorsi negli spazi della Burning Giraffe Art Gallery, a Torino, Wind Sculptures, recente serie dell’artista originario di Vibo Valentia Giuseppe Lo Schiavo, ha conquistato il primo premio alla terza edizione del riconoscimento Life Framer.
Frutto di un percorso creativo portato avanti, in giro per l’Europa, dal 2015 a oggi, l’iniziativa si articola in opere fotografiche concepite a strette contatto con vari contesti naturalistici. Dal mare della Grecia alle vette innevate del Cervino, Lo Schiavo è intervenuto sempre con modalità analoghe oltrepassando le consuete divisioni tra i generi artistici.
Infatti, completamente ricoperto da un telo termico, dorato dal lato esterno e argentato da quello interno, si è ritratto in balia del vento. “Avevo bisogno – ha sottolineato a riguardo Lo Schiavo, da alcuni anni di base a Londra – di controllare tutto il processo creativo vendo bene in mente cosa cercavo. Ma a chi pensa che il mio sia un ruolo da protagonista, rispondo che non mi si vede nemmeno.” Sviluppata dalla NASA, negli anni Sessanta, nell’ambito dello US space program, “la metallina termica diventa per Giuseppe Lo Schiavo pelle da indossare, una sorta di prolungamento, di estensione sensoriale delle sue capacità di relazionarsi con l’ambiente-paesaggio circostante, che non negala presenza dell’uomo, ma al contrario la esalta. Avviene cioè una sublimazione del rapporto uomo-natura, costruita con grande abilità”, ha osservato Roberto Sottile nel testo critico di accompagnamento alla mostra torinese.