Finalmente aperta al grande pubblico, la più attesa rassegna d'arte contemporanea internazionale ha annunciato i vincitori degli ambiti Leoni. In pole position la Germania, che ha conquistato la giuria internazionale.
Inaugurata al pubblico sabato 13 maggio, la 57esima Biennale d’Arte di Venezia ha comunicato al mondo i nomi dei suoi vincitori durante la premiazione andata in scena nella sede di Ca’ Giustinian. Diretta da Christine Macel e intitolata Viva Arte Viva, la kermesse sta catalizzando l’interesse di appassionati e addetti ai lavori grazie a un taglio curatoriale che riporta l’attenzione sul gesto dell’artista.
Dopo il già annunciato Leone d’oro alla carriera tributato a Carolee Schneemann, la giuria composta da Manuel J. Borja-Villel, Francesca Alfano Miglietti, Amy Cheng, Ntone Edjabe e Mark Godfrey ha insignito la Germania del Leone d’oro per la miglior Partecipazione Nazionale, premiando così il lavoro di Anne Imhof, un’installazione – basata su una performance – ben radicata nelle incerte atmosfere del presente e nelle sue inquietudini.
Il Leone d’oro per il migliore artista della mostra Viva Arte Viva è andato a Franz Erhard Walther, “per un lavoro che mette insieme forme, colore, tessuti, scultura, performance e che stimola e attiva lo spettatore in un modo coinvolgente”. Si è invece aggiudicato il Leone d’argento come giovane artista promettente Hassan Kahn con la sua Composition for a Public Park, un’opera capace di creare “un’esperienza coinvolgente che intreccia in modo splendido politica e poetica”.
Sul fronte delle menzioni speciali, si è distinto il Brasile, rappresentato da Cinthia Marcelle, “per un’installazione che crea uno spazio enigmatico e instabile in cui non ci si può sentire sicuri”. Due, invece, le menzioni attribuite agli artisti: Charles Atlas, “per due video di grande splendore visivo e sofisticato montaggio in cui le immagini della bellezza naturale e dell’artifizio artificiale sono accompagnate da un racconto che affronta i problemi di indigenza, frustrazione, sessualità e classe”, e Petrit Halilaj, “per degli interventi che evidenziano il legame tra gli spazi architettonici dell’Arsenale e del Padiglione Centrale e l’opera, in una relazione tra la storia del Kosovo, i suoi ricordi d’infanzia e la creazione”.