Lo studio Piuarch, formato da quaranta tra architetti e ingegneri provenienti da ogni parte del mondo, ha a disposizione uno spazio davvero "speciale": dispone di un vero e proprio orto a cielo aperto. Succede a Milano, nel cuore di Brera.
Associa i principi dei movimenti internazionali dello “urban farming” con una filosofia tutta italiana – quella del giardino pensile di rinascimentale memoria – l’orto sul tetto ideato, nell’elegante quartiere milanese di Brera, dallo studio di architettura Piuarch. Risultato di un progetto di riconversione della copertura della sede dello studio stesso – ubicato in via Palermo, al civico 1 – l’intervento intende proporsi come un modello virtuoso, potenzialmente riproducibile anche altrove in un’ottica di recupero e valorizzazione del tessuto urbano condiviso.
Curato con il paesaggista Cornelius Gavril e reso possibile anche grazie alla collaborazione di VerdeVivo, l’orto in quota di Piuarch si articola in una pluralità di percorsi e spazi.
Realizzato mediante un sistema modulare di pallet, facilmente assemblabile, segue il ritmo delle stagioni e sta arricchendo il quartiere milanese di riferimento con alcune funzioni aggiuntive. In questo luogo, infatti, oltre alla coltivazione di verdure, frutta e specie aromatiche, mescolate a fiori in nome di una maggiore qualità estetica, si può prendere il sole, si può trascorrere il tempo in compagnia e vengono promuovere iniziative aperte alla cittadinanza, ad esempio nel corso della Milano Design Week.
Non sono solo i progettisti dello studio fondato nel 1996 da Francesco Fresa, Germán Fuenmayor, Gino Garbellini e Monica Tricario a goderne durante le loro pause: l’orto in quota è destinato anche a uso didattico e viene impiegato per mostrare le fasi di crescita delle piante ai bambini. Questo processo può essere considerato parte integrante in un percorso di “riconquista” e valorizzazione dei tetti della città di Milano, intesi come “avamposti che permettono di vivere le trasformazioni urbane o di ammirare il denso tessuto storico, con il suo intreccio di corti e i piccoli spazi introversi.”