Dopo Londra, SelgasCano firma un altro padiglione. Stavolta in Francia

9 Agosto 2017


Artefici, nel 2015, di un coloratissimo Serpentine Pavilion per i Kensinton Garden di Londra e, più di recente, di una scuola “riciclata” nella grande baraccopoli di Kibera, in Kenya, gli architetti José Selgas e Lucía Cano hanno ultimato lo scorso giugno la loro prima opera in Francia.
Commissionato dalla Fondation d’Entreprise Martell, con sede a Cognac, il Pavillon Martell è il luogo deputato ad accogliere il programma di attività culturali che anticipa la mission della Fondazione stessa; al suo interno artisti e designer internazionali daranno vita a diverse iniziative.

Il padiglione occupa per intero il cortile pavimentato sul retro della Fondazione stessa, esteso per 2.350 metri quadrati. I due progettisti dello studio SelgasCano, di base a Madrid, hanno trasformato questo spazio all’aperto in una sorta di “paesaggio temporaneo di forme organiche e armoniche“, dall’andamento sinusoidale e con continue variazioni di altezza.
In questo intervento, particolare attenzione è stata destinata alla scelta dei materiali: in linea con la volontà espressa dalla Fondazione stessa, quando il Pavillon Martell sarà smontato, nel giugno 2018, i suoi elementi costitutivi saranno messi a disposizione dei progettisti incaricati dell’installazione successive. Allo stesso modo, lo studio SelgaScano ha impiegato il legno delle pedane di Par natura , l’opera realizzata da Vincent Lamouroux qualche settimana fa per il medesimo luogo.

Poiché questo sarà il padiglione inaugurale, le nostre decisioni e direttive avranno un impatto anche sui progetti successivi – hanno precisato José Selgas e Lucía Cano. – Ci è stata data una grande tela vuota e abbiamo voluto occupare l’intero sito con il nostro progetto, nella speranza di ispirare futuri artisti, architetti e designer.” La loro scelta è ricaduta su un materiale robusto e impermeabile, sviluppato dall’azienda francese Onduline, in grado di assicurare all’insieme leggerezza – tema ricorrente nel linguaggio del duo – facilità di trasporto e montaggio, accessibilità. “Per il suo aspetto e la sottigliezza ci ha ricordato la tradizionale carta di riso giapponese”, hanno aggiunto.

Come nel Serpentine Pavilion, anche questa volta gli architetti hanno puntato su un’esperienza duplice: alla scoperta dello spazio all’interno di questo “labirinto temporaneo”, da attraversare liberamente, si aggiunge l’osservazione delle trasparenze, dei mutevoli riflessi e degli effetti cangianti dell’opera.
In vari punti del Pavillon Martell, infine, sono stati collocati sedili gonfiabili di colore giallo, utili per assicurare ai visitatori una sosta all’insegna del relax e durante lo svolgimento di laboratori ed eventi.

[Immagine in apertura: photo by Iwan Baan]