Il pittore che sa "parlare sia al cuore sia alla mente, sommo tecnico e autentico poeta" è in mostra a Roma, con oltre 100 lavori che evocano la sua Mongolia, fino al 26 settembre prossimo.
Tra olii su tela, tempere e disegni, sono oltre 100 le opere del maestro cinese Chao Ge esposte all’Ala Brasini del Complesso del Vittoriano, a Roma, fino al 26 settembre prossimo. L’ampia antologica Epos. Chao Ge. La lirica della luce costituisce un’occasione privilegiata per immergersi nelle atmosfere, nei luoghi e nei volti dell’Asia centrale e della Inner Mongolia, luogo d’origine dell’artista.
Le affascinanti terre e atmosfere della sua patria, nei secoli battute da viaggiatori, avventurieri e conquistatori, costituiscono infatti il soggetto centrale della sua produzione.
Nella rassegna capitolina, curata dal noto storico dell’arte Claudio Strinati e da Nicolina Bianchi – critico d’arte, editore e direttore responsabile di Segni d’Arte – confluiscono lavori realizzati dal 1987 a oggi, distribuiti in due sezioni.
Un trentennio di carriera, dunque, nel corso del quale Chao Ge “si spinge molto avanti nella ricerca del colore, anzi più esattamente nella ricerca del bianco quale sintesi di tutti i colori”, come ha precisato lo stesso Strinati.
Protagonista di mostre personali e collettive in tutto il mondo e premiato per la sua attività con riconoscimenti internazionali, il maestro cinese è un “cultore appassionato del Rinascimento italiano, ritrattista meticoloso e notevole paesaggista“.
Osserva ancora nelle note critiche Strinati: “Chao Ge è mongolo e della cultura mongola ha sicuramente acquisito quel senso del nomadismo, dello spostamento continuo sulla superficie di questo mondo che è così profondamente sedimentato in quella cultura che nello stesso tempo esalta i valori della famiglia, degli affetti, della vita in comune“.