L'India come terra alternativa al modello sociale occidentale; come straordinaria forza in grado di incidere nella produzione artistica e nella visione del mondo di intere generazioni: cosa resta oggi di quel mito? Una mostra appena inaugurata a Lugano indaga il tema, offrendo molteplici spunti di riflessione.
Con Sulle vie dell’illuminazione. Il mito dell’India nella cultura occidentale 1808-2017, il Museo d’arte della Svizzera italiana di Lugano apre un importante varco sulle influenze e sulle “fascinazioni” esercitate, ieri come oggi, dallo sterminato Paese asiatico. Compresa nel progetto Focus India e aperta fino al 21 gennaio 2018, la mostra curata da Elio Schenini analizza il tema attraverso un articolato corpus di opere – circa 400 i lavori esposti – e si concentra su due secoli di contatti tra India e cultura occidentale.
La lettura proposta va a intrecciarsi con personalità di riferimento dell’Ottocento e del Novecento e si estende fino ai giorni nostri allo scopo di comprendere – in particolare tramite gli scatti di acclamati fotografi come Sabastiao Salgado, Ferdinando Scianna, Michael Ackerman, Steve McCurry e Martin Parr – cosa resti nella società contemporanea del “grande mito” dell’India.
L’interesse verso il multiforme Paese ha avuto nei secoli ricadute nella religione, nella letteratura, nel cinema e molte altre declinazioni dell’arte, come testimoniano le riflessioni sull’induismo e sul buddhismo di Schopenhauer, l’opera letteraria Siddhartha di Herman Hesse, le analisi antropologiche di Carl Gustav Jung, i romanzi popolari di Kipling ed Emilio Salgari, la cinematografia di Rossellini e Pasolini, solo per citare alcuni esempi. Presenza imprescindibile nella storia dei Beatles, che con il loro interesse accrebbero la fama di questa terra come destinazione di riferimento per la generazione desiderosa di infrangere lo status quo, il sub-continente indiano fu anche al centro delle ricerche architettoniche di Le Corbusier – a Chandigarh realizzò un numero considerevole di edifici – e guidò l’azione di artisti come Robert Rauschenberg, Frank Stella, Richard Long, Luigi Ontani, Francesco Clemente e Anselm Kiefer. Una narrazione a tutto campo, che punta a scandagliare anche l’assetto contemporaneo del complesso Paese, oggi in parte attratto dalle logiche che regolano la quotidianità occidentale.
[Immagine in apertura: Margherita Spiluttini, Bergl Pavillon, Stift Melk/Motiv C, dettaglio della fotografia, 2017, Courtesy the artist and Christine König Galerie, Vienna]