Profondo conoscitore d'arte e di tessuti, imprenditore e mecenate, Antonio Ratti è al centro di una mostra allestita negli spazi del Museo Nazionale Romano: un percorso che riduce le distanze tra industria e arte, tra le testimonianze archeologiche e gli autori della nostra epoca.
C’è tempo fino al 20 maggio per immergersi nella dimensione monumentale delle Grandi Aule delle Terme di Diocleziano a Roma – sede del Museo Nazionale Romano – e visitare la mostra ARABESQUES. Antonio Ratti, il tessuto come arte. Il museo capitolino accoglie infatti un progetto espositivo curato da Lorenzo Benedetti, Annie Ratti e Maddalena Terragni che intende ricostruire, nella sua complessità, la vicenda biografica e professionale dell’imprenditore tessile comasco Antonio Ratti.
Scomparso nel 2002, creatore del Gruppo Ratti e della Fondazione culturale omonima, è stata una delle figure dell’universo imprenditoriale italiano ad aver meglio incarnato il ruolo di moderno mecenate mosso dalla viscerale passione verso i tessuti, antichi e moderni, e verso le opere d’arte contemporanea.
Comprese nel percorso di visita, caratterizzato da un allestimento progettato dagli architetti Philippe Rahm e Irene d’Agostino, sono 15 opere. Si tratta di installazioni e video realizzati da altrettanti artisti del nostro tempo: Rossella Biscotti, Julia Brown, Rä di Martino, Jimmie Durham, Yona Friedman, Mario Garcia Torres, Melanie Gilligan, Renée Green, Hans Haacke, Joan Jonas, Matt Mullican, Luigi Ontani, Giulio Paolini, Diego Perrone e Cesare Pietroiusti.
ARABESQUES. Antonio Ratti, il tessuto come arte presenta anche appunti, documenti e fotografie storiche legate all’azienda e un video documentario.
[Immagine in apertura: ® Electa, photo by S. Castellani]