Quale fu il contributo delle donne legate al futurismo? Cosa ci raccontano le loro affascinanti biografie, nelle quali vita artistica e culturale si combinano inevitabilmente con il convulso scenario politico e sociale dei primi decenni del Novecento? Una mostra a Nuoro getta nuova luce sul loro ruolo.
Si conclude con L’elica e la luce. Le futuriste. 1912_1944, al via il prossimo 9 marzo, il ciclo espositivo dedicato ai movimenti dell’avanguardia storica dal Museo MAN di Nuoro.
Dopo i progetti sull’espressionismo tedesco e sulle coppie dell’avanguardia russa, con questa nuova mostra l’attenzione si concentra sulle figure femminili che hanno operato dagli anni Dieci agli anni Quaranta del secolo scorso, prendendo parte attivamente al “fermento futurista”.
La loro vicenda e il loro contributo viene analizzato nel percorso curato da Chiara Gatti e Raffaella Resch attraverso più di 100 opere: dipinti, sculture, carte, tessuti, maquette teatrali e oggetti d’arte applicata testimoniano l’interesse verso la sperimentazione e l’innovazione, oltre ad attestare la capacità di queste donne di misurarsi con una pluralità di materiali e tecniche.
Figure indipendenti, artiste, intellettuali, protagoniste della ricerca estetica d’inizio secolo – da Valentine de Saint-Point ad Alma Fidora; da Benedetta Cappa a Marisa Mori; da Adele Gloria fino al gruppo delle collaboratrici de L’Italia futurista – operarono in ambiti trasversali quali le arti decorative e la scenografia, la fotografia e il cinema, la danza e il teatro, la letteratura e la scrittura, la pittura e l’illustrazione, senza rinunciare a sondare anche i campi scientifici, fino alla metapsichica e all’occultismo.
Tra gli obiettivi di L’elica e la luce. Le futuriste. 1912_1944 rientra la volontà di riposizionare in maniera adeguata il ruolo delle donne nel futurismo, conosciuto come movimento programmaticamente misogino.
Con un andamento scandito da sezioni tematiche – il corpo e la danza; il volo e la velocità; il paesaggio e l’astrazione; le forme e le parole – il percorso espositivo si avvale di rilevanti prestiti concessi da collezioni pubbliche e private italiane; è arricchito anche da opere poco conosciute.
Punto di avvio di questa ricerca è il Manifeste de la Femme futuriste, pubblicato da Valentine de Saint-Point il 25 marzo 1912 come risposta alla Fondazione e al Manifesto del Futurismo di Marinetti comparso sulle pagine de Le Figaro nel 1909. Corredata da un robusto apparato documentario – che comprende prime edizioni di testi, lettere autografe, fotografie d’epoca, manifesti originali, studi, bozzetti – L’elica e la luce. Le futuriste. 1912_1944 ricostruisce la portata di una ricerca collettiva “libera da stereotipi, cliché, luoghi comuni e banali dipendenze legate ai rapporti di parentela con i “maschi” del movimento“.
Aperta fino al 10 giugno, la mostra è affiancata da un catalogo con saggi di Giancarlo Carpi, Enrico Crispolti, Chiara Gatti, Lorenzo Giusti e Raffaella Resch e un’intervista a Lea Vergine, autrice della mostra dedicata alle artiste attive tra il 1910 e il 1940 dal titolo L’altra metà dell’avanguardia, allestita a Palazzo Reale di Milano nel 1980.
[Immagine in apertura: Wanda Wulz, Io + gatto. Credits: Archivi Alinari, Firenze]