La Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli accoglie un'ampia mostra dedicata a uno dei più carismatici architetti statunitensi. Esaminando la sua intera produzione, i riflessi della sua opera sui progettisti, critici e storici italiani, le sue relazioni con il Bel Paese.
Anno 1910: il celebre architetto statunitense Frank Lloyd Wright si reca per la prima volta in Italia. A questo viaggio faranno seguito ulteriori visite fino al 1951 – otto anni prima della sua scomparsa – che contribuiranno ad arricchire il dibattito architettonico, urbanistico e paesaggistico nazionale, con il pensiero e la distintiva visione del Maestro.
A ripercorrere l’intera carriera del teorizzatore dell’architettura organica e le sue relazioni con il Belpaese è la mostra Frank Lloyd Wright tra America e Italia, ospitata fino al primo luglio 2018 negli spazi della Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli, a Torino.
Curata da Jennifer Gray e accompagnata dall’allestimento progettato da Marco Palmieri, la rassegna si snoda tra 6 sezioni tematiche, 5 delle quali associate a una specifica tipologia edilizia.
La conclusione è affidata a un focus che intende gettare nuova luce sull’eredità italiana di Wright e presenta anche l’unico progetto concepito dall’architetto per l’Italia: il Masieri Memorial, sul Canal Grande di Venezia, rimasto irrealizzato.
Fotografie, oggetti, cataloghi, litografie e disegni originali si susseguono nel percorso espositivo, che prende avvio con una digressione sulle cosiddette Prairie Houses, considerate come uno dei suoi più importanti lasciti nella storia dell’architettura moderna e concepite a partire da specifiche scelte, operate sia sul fronte dei materiali, sia nella relazione tra edificio e ambiente di inserimento.
Le litografie in mostra provenienti dal portfolio Wasmuth – una raccolta che riunisce oltre cento tavole – vennero in parte ultimate da Wright dopo il suo primo viaggio italiano.
La mostra torinese, inoltre, estende l’ottica anche sugli iconici interventi degli anni Trenta, tra cui la celeberrima Fallingwater e il Johnson Wax Building, “sull’ossessione” dell’architetto per la tipologia del grattacielo e sui progetti che ci consentirono di misurarsi esplicitamente con la scala, come nel caso del Guggenheim Museum.
In particolare, per la loro natura pubblica e urbana, proprio tali opere si rivelano “particolarmente pertinenti alle discussioni postbelliche, in Italia e altrove, sul futuro delle città e le società“, ha osservato la curatrice.
[Immagine in apertura: Solomon R. Guggenheim Museum (New York), exterior perspective. The Frank Lloyd Wright Foundation Archives (The Museum of Modern Art | Avery Architectural & Fine Arts Library, Columbia University, New York)]