Oltre cinquant’anni di carriera dell'artista statunitense vengono ripercorsi nella più grande esposizione mai dedicatale nel Regno Unito. Dalle prime, pionieristiche opere di arte performativa ai lavori più recenti.
Accompagnata dal programma di esibizioni live BMW Tate Live Exhibition: Ten Days Six Nights, la retrospettiva che Londra dedica a Joan Jonas è un evento senza precedenti. Fino al 5 agosto prossimo, infatti, la Tate Modern ospita la più grande esposizione sulla pioniera dell’arte performativa mai organizzata nell’intero Regno Unito.
Un appuntamento espositivo la cui portata e il cui rilievo sono sottolineati dall’eccezionale combinazione dell’esposizione con il carnet di iniziative collaterali messo a punto, nel quale sono incluse la riproposizione da parte dell’artista di una delle sue performance più note – Mirror Pieces 1968/71 – e una retrospettiva cinematografica in programma nel mese di maggio allo Starr Cinema.
Uno sforzo corale per delineare un ritratto completo ed esaustivo dell’artista statunitense figura, del suo stile e della grande influenza esercitata sulle nuove generazioni di artisti.
Classe 1936, Joan Jonas è stata una tra le prime artiste a misurarsi con la performance anche in associazione alla video arte; fin dalle prime opere ha destinato attenzione al tema dell’identità e alle relazioni tra il corpo e la sua rappresentazione.
La monografica londinese ne ripercorre l’intera produzione prendendo in esame un arco temporale di oltre 50 anni e 5 temi chiave, sottolineando anche il ruolo del Giappone e del suo teatro tradizionale.
La fase iniziale della sua carriera, considerata all’epoca del tutto rivoluzionaria nella scena artistica newyorkese, viene analizzata con lavori come Cones/May Windows (After Mirage) – un’istallazione creata originariamente nel 1976 e rivisitata nel 2011 – e l’iconico video Organic Honey’s Visual Telepathy 1972, nel quale Jonas esplora l’identità femminile attraverso un alter-ego sessuale.
Attingono invece a temi di portata globale, tra cui le conseguenze legate al cambiamento climatico e l’estinzione delle specie animali, i più recenti Reanimation 2010/13 e Stream or River, Flight or Pattern 2016-17, strettamente legati alla sua pratica attuale.
Arricchiscono il percorso espositivo una selezione di fotografie realizzate da suoi contemporanei, tra cui Richard Serra e Peter Campus, a illustrare il fondamentale passaggio verso l’arte performativa, e una serie di oggetti provenienti dalle collezioni personali dell’artista. Si tratta, tra gli altri pezzi, di maschere, di cristalli e di opere collezionate nel corso dei suoi viaggi, fondamentali o di ispirazione per il suo lavoro.
[Immagine in apertura: Joan Jonas, They Come to Us without a Word II, 2015, performance at Teatro Piccolo Arsenale, Venice, Italy, 2015. Photo by Moira Ricci]