Attraverso quattro scenari tematici, che dall'individuo singolo si estendono fino alla dimensione ambientale planetaria, la nuova mostra del Victoria and Albert Museum di Londra riunisce oltre 100 progetti che, in un primo momento, sembrerebbero uscire da film o libri di fantascienza. E invece...
Per proiettarsi nel futuro verso cui tendiamo si possono individuare – almeno – due vie: immaginarlo, elaborando i segnali già disponibili; affidarsi al metro dell’arte, del design, della scienza, tramite esperienze e opere concrete come quelle incluse in The Future Starts Here. Aperta fino al prossimo 4 novembre, la nuova mostra del Victoria and Albert Museum di Londra cerca di approdare direttamente nell’avvenire, indagando in profondità le tecnologie emergenti, prefigurando i modi in cui esse influenzeranno le nostre vite e sollecitando i visitatori verso quelle scelte che, in qualità di cittadini, determineranno lo sviluppo della società.
Self; Public; Planet; Afterlife sono i 4 ambiti tematici presi in esame dall’esposizione che, nel proprio percorso di visita, raccoglie oltre 100 oggetti e progetti, destinati a “dare forma al mondo di domani”. Dagli elettrodomestici intelligenti ai satelliti; dall’intelligenza artificiale ai traguardi della internet culture: qual è il panorama che attende l’umanità? Questo è uno dei quesiti analizzati da The Future Starts Here, che sottopone all’attenzione del pubblico, anche generalista, opere che al primo sguardo sembrerebbero essere uscite da libri o film di fantascienza. Dalla selezione compiuta dai curatori – Rory Hydeand e Mariana Pestan – e dal Design, Architecture and Digital department del V&A, tuttavia, provengono esclusivamente progetti reali, ovvero frutto dell’attività di studio, ricerca e prototipazione condotta da università, studi di designer, governi e altri soggetti.
In The Future Starts Here sono inclusi interventi multidisciplinari connessi con il tema della disponibilità delle risorse naturali. È il caso di progetti come Aerocene Explorer dell’argentino Tomás Saraceno, che ricorre a tecniche open source per raccogliere dati sull’atmosfera allo scopo di comprendere se i danni del nostro pianeta possano essere annullati attraverso il design, e come Protees di Jung Harada Protees, ideato per cercare di risolvere il problema delle fuoriuscite di petrolio, fornendo metodi alternativi a quelli attualmente impiegati in tali situazioni, tendenzialmente ad alto costo.
Anche il progetto della “prima città al mondo a zero emissioni zero” – Masdar City, ad Abu Dhabi, sviluppato dallo studio Foster + Partners – è esposto. L’obiettivo è testimoniare come, nel futuro, le aree urbane di nuova concezione proveranno a inglobare strategie per combattere il cambiamento climatico e per contrastare fenomeni come l’intolleranza religiosa e le crisi abitative.
[Immagine in apertura: The Future Starts Here – Installation View, 2018 (c) Victoria and Albert Museum London]