Quattro Comuni dell’Umbria ospitano una mostra affascinante, che evoca il clima creativo dell’Appennino centrale durante l’epoca trecentesca. Nel solco della lezione di Giotto, Pietro Lorenzetti e Simone Martini.
Affonda le radici nella Storia, la mostra Capolavori del Trecento. Il cantiere di Giotto, Spoleto e l’Appennino, allestita fino al 4 novembre in quattro sedi espositive dislocate in altrettante città umbre.
Curata da Vittoria Garibaldi, Alessandro Delpriori e Bernardino Sperandio, la rassegna si snoda fra Trevi, Montefalco, Spoleto e Scheggino, gettando nuova luce su artisti spesso rimasti anonimi eppure fondamentali per le vicende creative locali.
Una settantina di dipinti a fondo oro su tavola, sculture lignee policrome e miniature testimoniano la vivacità del clima culturale trecentesco in questa zona d’Italia e le sue evoluzioni, nel solco dell’esempio giottesco. Il Museo di San Francesco a Trevi, il Museo Diocesano ‒ Basilica di Sant’Eufemia e il Museo Nazionale del Ducato a Spoleto, il Complesso Museale di San Francesco a Montefalco e lo Spazio Arte Valcasana di Scheggino fanno da cornice a un racconto corale, che non manca di porre in evidenza personalità talentuose ancorché poco conosciute.
Fra i capolavori resi visibili per la prima volta al pubblico spiccano i due dossali esposti nell’appartamento di rappresentanza di Sua Santità il Pontefice, entrambi provenienti da Montefalco e restaurati dai laboratori dei Musei Vaticani, e l’eccezionale riavvicinamento del Trittico con l’Incoronazione della Vergine del Maestro di Cesi e il Crocifisso con Christus triumphans, dipinti entrambi per il monastero di Santa Maria della Stella di Spoleto, oggi conservati presso il Musée Marmottan Monet di Parigi e il Museo del Ducato di Spoleto.
[Immagine in apertura: Maestro di Cesi, La Crocifissione e Storie di San Biagio e di Santa Caterina, Roma, Vaticano, Appartamento pontificio di rappresentanza, tempera e oro su tavola]