Da oggi e fino al 19 febbraio del 2019, il MoMA - Museum of Modern Art di New York dedica una grande mostra a uno dei massimi scultori del Novecento: Constantin Brancusi, il cui approccio alla materia prima e alla tecnica, al rapporto tra opera e spazio circostante, permise alle arti plastiche di acquistare sempre maggiore libertà espressiva rispetto ai soggetti rappresentati. Fino ad arrivare alle soglie dell'astrattismo.
La storia della scultura nel Novecento vanta pochi Maestri, almeno rispetto ad altre forme espressive. Se per la pittura abbiamo infatti Picasso e Dalí, Magritte e Miró, solo per citarne alcuni, volendo cercare autori altrettanto determinanti per l’evoluzione delle arti plastiche, i nomi che ci vengono alla mente si riducono in modo drastico.
Imprescindibile citare il futurista Boccioni, ma anche il protagonista della mostra in apertura oggi – domenica 22 luglio – al MoMA di New York rientra tra gli scultori che hanno fatto breccia nell’immaginario collettivo: parliamo di Constantin Brancusi, colui che rivoluzionò l’approccio dell’artista alla materia prima, valorizzandone i caratteri estetici come mai prima di allora era successo.
Nato in Romania, già prima di approdare a Parigi – nel 1904 – Brancusi aveva in effetti concluso un primo periodo di formazione come artigiano. Una lezione che non dimenticherà: se nell’atelier di Auguste Rodin, dove svolse un breve apprendistato, la pratica era quella di modellare la creta e poi fondere la scultura in bronzo, il più giovane scultore preferì ricavare i suoi lavori direttamente dal marmo e dal travertino, mettendo a frutto le tecniche apprese nella terra d’origine.
Fu subito evidente, comunque, che non si trattasse di una semplice divergenza nel metodo: “estraendo” dalla materia la forma finale, la scultura di Brancusi prendeva un aspetto proprio che, più che assomigliare al soggetto dichiarato, lo evocava per analogia.
Il lavoro dell’artista finì di fatto per spingere le arti plastiche alle soglie dell’astrazione.
Altrettanto rivoluzionario sarà la visione che l’autore svilupperà del piedistallo delle proprie sculture. Invece di essere un elemento di separazione, che distingueva senza margine d’errore lo spazio dello spettatore da quello occupato dall’arte, i supporti utilizzati da Brancusi erano di sua stessa mano, anzi diventavano parte integrante delle sue opere. La conseguenza di questa “inclusione” aveva una portata addirittura filosofica: se un piedistallo diventava esso stesso arte, cosa distingueva allora l’opera dalla dimensione degli oggetti quotidiani che la circondano?
Oltre a valorizzare le numerose sculture di Brancusi presenti nella collezione permanente del museo statunitense, la mostra al MoMA fa luce anche su serie di lavori meno noti, nell’ambito del disegno, della fotografia e addirittura del video.
Le ultime sperimentazioni artistiche di Brancusi furono infatti condotte su pellicola: grazie all’amico Man Ray, che lo introdusse all’utilizzo della cinepresa, lo scultore riprese se stesso mentre lavorava sulla materia, conferendo ai propri interventi anche una dimensione dinamica, temporale.