Dalle fantasiose rappresentazioni dell'India che non aveva visitato, alle naturalistiche illustrazioni a corredo di una raccolta di poesie cinesi: Hokusai non era soltanto un profondo conoscitore delle tecniche di incisione e stampa, in uso nell'Ottocento in Giappone, ma la sua maestria gli permise di destreggiarsi tra i soggetti più disparati. Adattando il proprio stile, senza mai rinunciare a un tratto preciso e sicuro che nel tempo è divenuto la cifra stilistica più riconoscibile dell'arte di Hokusai.
Fino a domenica 21 ottobre, il MAO – Museo d’Arte Orientale si arricchisce di una presenza di grande richiamo per il pubblico. Parliamo di Hokusai, probabilmente l’artista moderno giapponese più conosciuto al mondo. Portano la sua firma i libri illustrati – i cosiddetti e-hon – attualmente in vetrina nel percorso espositivo dell’ente museale: si tratta di un’occasione imperdibile non soltanto per ammirare la perizia tecnica di Hokusai, capace di ricorrere a tecniche artistiche anche molto diverse tra loro, ma anche di comprendere l’evoluzione della sua poetica.
I libri eccezionalmente esposti, infatti, appartengono a serie differenti, oltre che distanti cronologicamente le une dalle altre. Lo spettatore incontra così due volumi dedicati alle celebri Vedute del monte Fuji, come pure due ristampe incentrate sui Guerrieri del Giappone e della Cina; uno studio approfondito dell’espressività di corpi e volti, che permise a Hokusai di ritrarre i guerrieri con particolare attenzione alla fluidità dei loro movimenti, alla resa dei loro gesti.
La seconda teca introdotta nel percorso del MAO custodisce invece altri quattro libri, parti di due serie differenti. Da una parte abbiamo quindi una raccolta di poesie cinesi del 1833, illustrata da Hokusai in modo più naturalistico che in altri suoi interventi, ricorrendo a un tratto minuzioso.
Dall’altra, possiamo ammirare una libera riflessione visiva sulla vita di Shakyamuni, il Buddha passato alla Storia. Qui possiamo constatare come, al cambiare del soggetto, anche il Maestro adatti il suo stile e persino l’impianto stesso del progetto artistico. Spazio allora a rappresentazioni fantasiose dell’India, il cui ambiente viene rivisitato in chiave nipponica mescolando elementi culturali diversi, di cui probabilmente lo stesso autore aveva scarsa conoscenza.
L’esito può sembrare caricaturale, tra architetture “improbabili” e bestie esotiche liberamente immaginate da Hokusai, ma resta invariato – e straordinario – il tratto preciso e sicuro che l’autore seppe padroneggiare attraverso decenni di costante, invariata passione per la propria arte.