Resterà aperta per otto settimane al Museum Rietberg di Zurigo la mostra dedicata a Nagasawa Rosetsu, tra i più eccentrici e fantasiosi artisti del Giappone moderno. La monografica dedicata a questo autore dalla feconda immaginazione sarà accompagnata da diversi eventi speciali.
Autore di opere visivamente avvincenti, realizzate nell’arco di una breve ma intensa carriera, l’artista giapponese Nagasawa Rosetsu (1754-1799) è al centro di una retrospettiva in apertura il prossimo 6 settembre, al Rietberg Museum di Zurigo. Si tratta di un appuntamento senza precedenti, poiché fino ad ora a questo artista eccentrico, al quale si devono sia opere irresistibilmente realistiche sia lavori sorprendentemente astratti, non era ancora stata dedicata una monografica così approfondita al di fuori del Paese del Sol Levante.
Nel percorso espositivo di Rosetsu: Ferocious Brush – visitabile fino al 4 novembre prossimo – sono inclusi una selezione dei suoi dipinti più importanti, proposti secondo un criterio cronologico a partire dai primi interventi realizzati seguendo lo stile realista del suo maestro Maruyama Ōkyo fino ai suoi bizzarri capolavori; presenti anche pergamene, album di disegni e altro ancora. Un corpus di lavori che testimonia anche la sua spiccata capacità di misurarsi con supporti diversi, tra cui i pannelli decorativi.
L’universo visivo di Rosetsu svela una mente eccezionalmente feconda a livello immaginativo, in grado di restituire sulla superficie pittorica soggetti estremamente diversi: simboli zen, soggetti religiosi, bambini che giocano, bellezze eteree, paesaggi mozzafiato, uccelli e altri animali, tra cui una delle più celebri tigri del Giappone moderno.
L’allestimento include la ricostruzione di una porzione del tempio Zen Muryōji, al cui interno è ospitata la più grande e importante collezione di dipinti di Rosetsu: in mostra saranno presentati 48 schermi e rotoli appesi, disposti in coerenza secondo la planimetria originale dell’edificio di culto. Una vera e propria installazione di dipinti architettonici, per evocare la poesia dei templi del Paese dell’Estremo Oriente.