Accompagnata da due incontri pubblici, uno dei quali alla presenza di Allegra Fuller Snyder, figlia del progettista e fondatrice del Buckminster Fuller Institute, la retrospettiva in apertura a Los Angeles tributa un omaggio a uno dei massimi innovatori della progettazione architettonica, scomparso 35 anni fa.
Los Angeles si appresta a rendere omaggio a Richard Buckminster Fuller, visionario architetto, ingegnere, inventore e artista del XX secolo; lo farà con una mostra che non ha precedenti in città, promossa a 35 anni dalla sua scomparsa.
Noto in particolare per le cupole geodetiche, formate da elementi prefabbricati uniti da giunti nodali, è Richard Buckminster Fuller internazionalmente riconosciuto come uno dei più influenti progettisti dell’epoca moderna. I suoi progetti, attraverso i quali ha impresso un contributo imprescindibile nel ripensare sistemi edilizi, di costruzione, di trasporto, sono ancora oggi materia di studio, di analisi e di ispirazione per le nuove generazioni. Mosso dalla volontà di offrire risposte alle grandi sfide dell’umanità, tra cui la carenza di alloggi e le questioni ambientali – divenute oggi di strettissima attualità – ha attraversato le diverse discipline, mettendo in evidenza le possibili connessioni tra i mondi della scienza, dell’ingegneria, dell’architettura, del design e dell’arte.
La mostra – accompagnata da due programmi pubblici organizzati in collaborazione con il Buckminster Fuller Institute – prende in esame alcuni dei suoi più significativi interventi. Prende le mosse da una specifica collezione di stampe – in edizione limitata – relativa a innovazioni come la 4D House, la Dymaxion Car, la Geodesic Dome, che rappresentano alcuni degli oltre 30 brevetti del progettista.
Nel percorso espositivo sono inclusi modelli di tensostrutture in filo d’acciaio, che consentono di cogliere la capacità di Fuller di porsi in anticipo rispetto alla sua epoca e permettono di conoscere le sue teorie sul “design strutturale”. Non si tratta, infatti, solo di modelli frutto dell’applicazione di principi matematici e geometrici, ma di opere che testimoniano “l’ibridità della sua pratica”, intesa come la capacità di associare tanti campi: dall’arte al design; dalla scienza e all’ingegneria.
Si tratta di lavori legati alla fase conclusiva della sua carriera, prodotti in collaborazione con la Carl Solway Gallery e a lungo mantenuti esclusivamente nelle collezioni private di appartenenza. Esposti, inoltre, anche modelli in acciaio e materiali termoplastici; il cortometraggio Bucky Fuller & Spaceship Earth, prodotto da Ivorypress e compreso nel percorso espositivo, ne ripercorre la vita e la carriera.
[Immagine in apertura: Biennale di Lione 2017. Richard Buckminster Fuller, Radome, 1957. Via Artribune]