Com'è giunto il Belvedere di Vienna alla sua attuale collezione di opere del noto Maestro viennese? A cento anni dalla scomparsa di Schiele, il museo austriaco racconta la genesi della sua collezione e di molti dei capolavori inclusi.
Poteva forse mancare Vienna, nel calendario delle celebrazioni per il centenario della morte di Egon Schiele? Se a partire da lunedì 22 – e fino al 24 ottobre – nei migliori cinema italiani gli appassionati d’arte potranno riunirsi per apprezzare il film documentario Klimt e Schiele. Eros e Psiche, al Belvedere è già in corso una mostra focalizzata proprio sulle collezioni dello stesso museo austriaco.
Tra i temi al centro dell’esposizione Egon Schiele. The Making of a Collection, che sarà aperta al pubblico fino al prossimo 17 febbraio: come anticipato anche dal titolo, viene ricostruita innanzitutto la genesi della collezione permanente di opere del noto autore. Parallelamente, il percorso espositivo approfondisce la storia “dietro” ogni capolavoro e, infine, fornisce dati anche sul “background” materiale delle realizzazioni, grazie all’estensivo lavoro di indagini diagnostiche compiute sull’intero corpus di opere in occasione proprio di questa iniziativa.
In assoluto, si tratta della prima volta in cui tutte le opere di Schiele presenti in un museo vengono meticolosamente esaminate, usando infrarossi e luce UV, fotografia micro e macroscopica, raggi X.
Tra le tante preziose informazioni emerse da questa straordinaria indagine sulla tecnica usata dal Maestro viennese, emerge la sostanziale “democraticità” con cui Schiele trattava i materiali delle sue opere: invece di dare particolare valore al pigmento o alla preparazione del supporto, ai colori di base o alle pennellate in primo piano, il particolare stile dell’artista nasce da un’equa interazione di tutti gli elementi.
A proposito di primati, l’esposizione può anche vantare la presenza di un’opera inedita, per non dire “fantomatica”. Si tratta infatti della ricostruzione digitale del primo ritratto di Edith Schiele, moglie dell’artista, che poi l’autore ridipinse del tutto. Dopo più di un secolo, insomma, riemerge l’opera “obliterata” da Schiele, nella versione più fedele che le ricerche scientifiche e critico-artistiche sono riuscite a ottenere.