La mostra allestita alla Pinacoteca Nazionale di Bologna getta nuova luce sul capolavoro perduto del pittore emiliano. Lungo una linea del tempo che attraversa le epoche.
Le “singolari vicende e nuove proposte” evocate dal titolo di una mostra bolognese, dedicata al più celebre capolavoro di Guido Reni, non mancano di riscuotere l’attenzione di appassionati e grande pubblico. Fino al 15 novembre, i riflettori della Pinacoteca Nazionale di Bologna restano puntati su Bacco e Arianna, dipinto perduto dell’artista emiliano, il cui unico frammento è conservato presso la sede museale che oggi ospita una mostra dai contorni suggestivi, curata da Andrea Emiliani.
A quattro secoli di distanza dalla sua esecuzione, torna per la prima volta in Italia il dipinto Bacco e Arianna nell’Isola di Nasso, attribuito proprio da Emiliani a uno dei migliori allievi di Reni, Giovanni Battista Bolognini, e incluso nella collezione privata Montevideo dell’Uruguay (in apertura, un particolare).
A rendere speciale l’opera contribuisce il fatto che sia stata realizzata nella bottega di Guido Reni pressoché in concomitanza con il capolavoro del Maestro, commissionato da Papa Urbano VIII per Enrichetta Maria di Borbone.
Complice il rapporto di fiducia e stima che intercorreva fra Guido Reni e il suo allievo, si tratterebbe di una copia del Bacco e Arianna dello stesso Reni, le cui sorti furono tutt’altro che felici. Concluso nel 1640, il dipinto ebbe infatti una vicenda travagliata e, dopo aver finalmente raggiunto la legittima proprietaria, fu venduto a Michel Particelli d’Hemery il quale, in base al resoconto romanzato di Carlo Cesare Malvasia, lo avrebbe smembrato per facilitarne l’immissione nel circuito collezionistico.
Il frammento della ritrovata Arianna attribuito a Reni nel 2002 e oggi in deposito alla Pinacoteca Nazionale di Bologna chiude il cerchio di una storia complessa, che trova nella mostra curata da Emiliani un altro tassello fondamentale.