Il kimono, in bilico tra tradizione e modernità, va in mostra a Gorizia

19 Novembre 2018

Sovrakimono informale da donna (haori), dettaglio fodera. Foto di Luigi Vitale

Tanto è stato detto e scritto sull’Orientalismo e segnatamente sullo Japonisme, ovvero sull’influenza delle arti giapponesi su quelle europee tra la fine dell’Ottocento ed i primi del Novecento, ma poco si sa ancora dell’inverso rapporto, ovvero di quel fenomeno complesso e sfaccettato che portò talune arti giapponesi ad assimilare forme e contenuti di matrice schiettamente occidentale: avvenne con la pittura, che interpretò originalmente la lezione prospettica, ed avvenne con i kimono che, più di ogni altra forma d’arte, furono influenzati dal mutamento della società giapponese del tempo trasferendone fedelmente gli effetti sul tessuto, utilizzato alla stregua di una superficie pittorica”.
Sono queste le parole con cui Raffaella Sgubin – direttore del Servizio Musei e Archivi storici di ERPAC (Ente Regionale Patrimonio Culturale della Regione Friuli Venezia Giulia) con cui motiva la mostra Occidentalismo. Modernità e arte occidentale nei kimono. 1900-1950, che ha curato con Lydia Manavello e Roberta Orsi Landini. Viene così presentato un progetto espositivo che promette di gettare nuova luce sulle influenze e connessioni tra storia e costume in Giappone, tra Ottocento e Novecento.

In apertura il 21 novembre, al Museo della Moda e delle Arti Applicate di Gorizia, la mostra riflette sulle modalità con cui la volontà imperiale di occidentalizzare il Giappone si estese persino sulle evoluzioni stilistiche del capo di abbigliamento più iconico del Paese del Sol Levante. Riunendo insieme circa 40 esemplari, tra kimono e haori (sovrakimono), il percorso espositivo svela come accanto ai motivi tradizionali, tra il 1900 e gli anni Quaranta del XX secolo iniziarono a farsi strada pattern e disegni desunti dal Cubismo, dal Futurismo e da altre correnti artistiche di stampo europeo; in esposizione anche un kimono celebrativo del patto tripartito Roma-Berlino-Tokyo, siglato nel 1940.
Queste “vesti raffinate, destinate ad un ceto medio-alto, non confezionate per l’esportazione“, come le ha definite Roberta Orsi Landini, vengono presentate accanto a obi, stampe, illustrazioni e riviste. Provengono dalla collezione Manavello, il cui patrimonio include capi da uomo, donna e bambino, sia tradizionali che non, oggetti e suppellettili attinenti all’abito, quali calzature e accessori per capelli, oggetti per la cerimonia del tè, bambole e documentazione cartacea.

Visitabile fino al 17 marzo, Occidentalismo. Modernità e arte occidentale nei kimono. 1900-1950 permette di addentrarsi nella travagliata fase di passaggio del Giappone dalla condizione di stato feudale a superpotenza mondiale, mettendo in evidenza i “conflitti” che attraversarono il Paese dal punto di vista socio-culturale.
In una continua oscillazione tra il fascino esercitato dalle novità provenienti dall’Occidente e l’attaccamento alla tradizione, neppure la moda fu dunque esente da “condizionamenti” e nuovi indirizzi formali.

[Immagine in apertura: Sovrakimono informale da donna (haori), dettaglio fodera. Foto di Luigi Vitale]