Accompagnata da un programma di conferenze e visite guidate, la mostra "I volti del Buddha dal perduto Museo Indiano di Bologna" ricompone, per la prima volta, un'ampia parte delle raccolte del museo istituito agli inizi del Novecento dal professore-esploratore Francesco Lorenzo Pullè.
Correva l’anno 1902 quando Francesco Lorenzo Pullè, in occasione della sua partecipazione al Congresso Internazionale degli Orientalisti ad Hanoi, raggiunse non solo il Vietnam, ma anche Ceylon, India e Pakistan. Professore ordinario di Filologia Indoeuropea e Sanscrito dal 1899 alla Regia Università di Bologna, nel corso di quel viaggio lo studioso iniziò a costituire il primo nucleo della sua collezione di oggetti, fotografie e manoscritti di produzione asiatica.
Animato dal desiderio di istituire in Italia un museo in grado di presentare l’eterogeneità delle culture orientali, Pullè proseguì le sue ricerche, perseguendo l’obiettivo con modalità proprie: si distinse, infatti, per non aver prelevato dai paesi di origine reperti che altri invece separarono dalla cultura d’origine. Il contributo del Comune e dell’Università di Bologna si rivelò fondamentale per la realizzazione del suo progetto e il Museo Indiano continuò negli anni a crescere, anche grazie ad acquisti e arricchimenti provenienti da altre fonti.
Curata da Luca Villa, con la collaborazione di Antonella Mampieri dei Musei Civici d’Arte Antica, la mostra I volti del Buddha dal perduto Museo Indiano di Bologna ricompone per la prima volta un’ampia parte delle raccolte appartenute al Museo Indiano di Bologna. Nel tempo, infatti, vennero suddivise e oggi sono conservate in tre diverse sedi: lo stesso Museo Civico Medievale, il Museo di Palazzo Poggi di Bologna e il Museo di Antropologia dell’Università di Padova, altro ateneo nel quale Pullè svolse attività didattica.
La mostra, visitabile fino al 28 aprile 2019 e affiancata da un programma di conferenze, visite guidate e laboratori per bambini, oltre a ricostruire il profilo di Pullè consente di cogliere gli aspetti peculiari della sua raccolta. Tra questi, la presenza nella collezione di circa 350 stampe fotografiche testimonia le convinzioni dello studioso in merito all’impiego della fotografia per veicolare conoscenze di tipo artistico e archeologico.
Nel percorso espositivo, inoltre, sono incluse opere successivamente acquisite dal Comune. Provenienti dalla raccolta Pellegrinelli, sono legate al pantheon buddhista cinese; anche il crescente interesse verso l’Oriente, in primis verso l’arte cinese e giapponese, è documentato da questa mostra.