Incredibilmente varia è la collezione di arte giapponese del Musée des Arts Décoratifs di Parigi. A 160 anni dall'avvio delle relazioni diplomatiche tra Francia e Giappone, il museo è sede di una mostra che promette di condurre i visitatori in un viaggio da Oriente a Occidente, alla ricerca delle reciproche influenze e degli scambi artistici e culturali tra i due stati.
In contemporanea con Tutto Ponti, Gio Ponti archi-designer, inaugurata lo scorso mese di ottobre, da pochi giorni il Musée des Arts Décoratifs di Parigi ospita anche Japon-Japonismes, objets inspirés 1867-2018.
Parte integrante di Japonismes 2018: les âmes en resonance – il progetto culturale messo a punto per celebrare 160 anni di relazioni diplomatiche tra il Giappone e la Francia, che prevede il coinvolgimento di quasi un centinaio di sedi espositive nell’arco di 8 mesi – la mostra riconduce l’arte giapponese nel primo luogo che l’ha accolta su suolo francese. Infatti fu proprio il Musée des Arts Décoratifs, nel 1869, a organizzare la prima grande esposizione di arte orientale in Francia, con una speciale concentrazione di opere provenienti dal Giappone. Del resto, già a partire dalla sua fondazione, nel 1864, l’istituzione museale parigina aveva riservato un’attenzione speciale alle arti decorative giapponesi, acquisendo esemplari, conservandoli, preservandoli e presentandoli al pubblico locale.
Aperta fino al 3 marzo prossimo, Japon-Japonismes, objets inspirés 1867-2018 riunisce quasi 1.500 opere relative a un’ampia varietà di media e formati – opere d’arte, di design, creazioni di moda, esempi di arti grafiche, fotografie – realizzate da autori giapponesi e francesi, tra cui Hokusai, Emile Gallé, René Lalique, Kuramata Shiro, Charlotte Perriand e Tanaka Ikkō. Allestita su tre livelli ed estesa su una superficie di oltre 2.200 metri quadrati, la mostra si avvale del layout espositivo progettato dall’architetto giapponese Sou Fujimoto, già autore del Serpentine Pavilion 2013 a Londra e del Musashino Art University Museum and Library, a Tokyo.
Cinque i temi analizzati – Agents of Discovery; Nature; Time; Movement; Innovations – all’interno di un percorso espositivo che prende avvio con l’inizio del periodo Meiji e con l’apertura del dialogo tra Oriente e Occidente. Fu grazie a viaggiatori e mercanti come Henri Cernuschi, Émile Guimet, Hugues Krafft, Siegfried Bing, Florine Langweil e Hayashi Tadamasa che venne favorita la diffusione degli oggetti giapponesi in Europa. Ceramiche, stampe, bronzi, cestini, pettini, tessuti, carte da parati, katagami, kimono e tsuba iniziarono così a circolare anche oltre i confini del Paese del Sol Levante, mentre il gusto occidentale si insinuava nelle terre nipponiche, suscitando interesse e attrazione.
Seguendo il filo della storia, l’esposizione esamina anche le modalità con cui le tecniche e l’influenza artistica di matrice giapponese si siano “mescolate” con i processi di produzione più innovativi, in particolare a partire dalla fine dell’Ottocento.
Dalla ceramica alla metallurgia, dal design grafico alla moda, la sezione conclusiva della mostra si focalizza su una gamma di creativi, attivi nel XX secolo e nei giorni nostri, che hanno abbracciato l’estetica giapponese, interpretandola e attualizzandola: è il caso di Madeleine Vionnet, Junya Watanabe, Paul Poiret, Miyake Issey, Koshino Junko, Kawakubo Rei (Comme des Garçons) e John Galliano, per citarne alcuni.
[Immagine in apertura: Hiroshige Utagawa, Kinryuzan Temple at Asakusa, particolare, dalla serie One hundred famous views of Edo, Giappone, 1856, Musée des Arts Décoratifs
© MAD Paris / photo Jean Tholance]