Il prestigioso premio annuale conferito ad artisti nati o attivi in Gran Bretagna è stato conferito a Charlotte Prodger, che ha impiegato uno strumento comune come lo smartphone per realizzare le opere Bridgit e Stoneymollan Trail, nelle quali combina l'archetipo del paesaggio con una ricerca di tipo introspettivo.
Un anno dopo Lubaina Himid, a trionfare alla 34esima edizione del prestigioso Turner Prize è Charlotte Prodger. Originaria di Bournemouth, classe 1974, l’artista opera da oltre due decenni nel settore delle immagini in movimento; nei mesi scorsi è stata scelta per rappresentare la Scozia alla prossima Biennale d’Arte di Venezia, al via nel maggio 2019.
Ha avuto la meglio sugli altri finalisti in shortlist per il prestigioso premio, istituito nel 1984 e rivolto ad autori di nazionalità britannica o attivi in Gran Bretagna: a contendersi l’importante titolo – e il riconoscimento economico pari a 25mila sterline – erano Naeem Mohaiemen, Luke Willis Thompson e Forensic Architecture, il gruppo di ricerca formato da artisti, architetti, avvocati, attivisti e teorici, fondato dall’architetto e docente israeliano Eyal Weizman.
Charlotte Prodger si è imposta sugli altri artisti per aver dimostrato, attraverso i suoi lavori, “l’uso più profondo di un dispositivo tanto prosaico, quanto la fotocamera dell’iPhone, che abbiamo visto finora nell’arte“, ha sottolineato Alex Farquharson, direttore della Tate Britain, che ha presieduto la giuria.
Il riconoscimento, in particolare, le è stato conferito per la sua personale alla Bergen Kunsthall, nel corso della quale ha presentato le opere video Bridgit e Stoneymollan Trail, entrambe girate con uno smartphone.
[Immagine in apertura: Charlotte Prodger ritratta nel 2017 da Emile Holba. Photography © Emile Holba 2018]