Tra arte e politica. L’arte russa è di scena a Gerusalemme

25 Dicembre 2018

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Con Victory over the Sun, al via il 28 dicembre, l’Israel Museum di Gerusalemme propone ai propri visitatori un esteso progetto espositivo che ripercorre l’evoluzione dell’avanguardia e dell’arte anticonformista russa nel corso del XX secolo.
Nell’arco temporale compreso tra la vigilia della rivoluzione bolscevica e il crollo dell’Unione Sovietica quali furono i legami tra storia, attualità e produzione artistica? In quale modo il clima politico e sociale finiì per plasmare il pensiero degli artisti e guidare la loro mano? Sono queste le domande alle quali la mostra, senza precedenti in Israele, intende offrire una risposta.

Resa possibile grazie a importanti prestiti – concessi, tra gli altri, dal Centre Pompidou di Parigi e dall’Ermitage di San Pietroburgo – la mostra analizza in profondità le pratiche artistiche che hanno plasmato la scena russa del secolo scorso, senza rinunciare a specifici focus sulle principali correnti e sui nomi più rilevanti.
Lo dimostra già l’avvio del percorso espositivo, affidato alla pionieristica produzione di Kazimir Malevich. Prima del 1917, l’artista iniziò a usare forme geometriche astratte per incarnare la realtà, ponendo le basi per la nascita del Suprematismo. Oltre a una selezione di suoi dipinti, tra cui Victory over the Sun, che dà il titolo alla mostra, viene presentata anche una versione del celeberrimo Quadrato Nero. Considerata il “punto zero della pittura”, l’opera è stata elevata a simbolo e sintesi dell’astrazione geometrica.
Accanto a Malevich, non mancheranno i discepoli del movimento, come El Lissitzky che promosse il Suprematismo a livello internazionale nei primi anni Venti del secolo scorso.

Analizzando i decenni successivi, l’esposizione esplora le modalità attraverso le quali il regime incise sulla produzione artistica, anche ricorrendo a sistemi di controllo governativo e forme di censura che limitarono profondamente l’evoluzione di questo primo movimento d’avanguardia. A sostituirlo fu il Realismo sociale, destinato a restare l’unica forma d’arte ufficiale dagli anni Trenta fino al crollo dell’Unione Sovietica.
Spazio anche alla breve esperienza di Thaw, collocabile non molto tempo dopo la morte di Stalin, nel 1953. Nel corso di quella fase, Nikita Krushchev allentò le politiche di repressione e gli artisti furono in grado di creare opere stilisticamente diverse, molte influenzate dalle nuove tendenze occidentali. Un processo che sarebbe proseguito fino al 1962, quando il governo finì per riaffermare il proprio controllo ideologico della cultura visiva, privando numerosi artisti di qualsiasi possibilità di esporre o pubblicare le loro opere.

Il risultato di questa azione fu tuttavia la nascita di formazioni di artisti “non ufficiali” che praticavano l’arte in segreto, esibendosi spesso nelle loro case.
Un’arte anticonformista alla quale la mostra di Gerusalemme ha scelto di conferire piena centralità, con opere di artisti underground tra cui Erik Bulatov, Michail Grobman, Ilya Kabakov, Vitaly Komar, Alexander Melamid e Vladimir Yankilevsky, attivi fino agli anni Ottanta.
Nelle loro mani, le onnipresenti immagini del regime divennero una materia di sperimentazione per nuovi generi e tecniche, come testimonia l’installazione Door (Dedicated to the Parents of my Parents…) di Vladimir Yankilevsky. Nell’opera una vera porta, proveniente da un appartamento di Mosca, rivela, una volta aperta, la figura tridimensionale di un uomo che affronta un’altra porta e, successivamente, un orizzonte colorato. L’artista ha così voluto simbolicamente restituire il passaggio tra lo spazio sociale reale e limitato di un vero appartamento pubblicato e l’immaginario spazio infinito della libertà interiore artistica.

Mentre negli Stati Uniti la Pop Art tuonava contro i simboli della cultura del consumo di massa, la Sots Art avanzava “parodie” dei simboli e delle frasi dell’ideologia sovietica, tra autoironia, ironia e gusto per il paradosso. Le opere di Andrei Filippov, Pavel Pepperstein e Vadim Zakharov, scelte per l’ultima sezione di Victory over the Sun, sono relative alla fine degli anni Ottanta e successive al crollo dell’URSS.
Incarnano il senso di libertà che travolse la nazione, creando un “nuovo spazio libero” nel quale gli artisti potevano per la prima volta riconoscere e attingere dalle eredità politiche e artistiche del passato senza vincoli.