Perché i significati associati ai monumenti possono cambiare nel tempo? Quali eventi incidono nella "decadenza" di alcuni monumenti e nel perdurare di altri? Sono queste alcune delle questioni affrontate dalla mostra inaugurata da qualche giorno dall'istituzione di Los Angeles, che estende l'analisi anche alla dimensione architettonica e urbana.
“I monumenti, sebbene spesso destinati a rimanere per l’eternità, possono cambiare fisicamente nel tempo – a causa dell’erosione, di saccheggi, dalla guerra o dall’iconoclastia – oppure possono rimanere intatti ma cambiare il loro significato, perdere il contesto o la pertinenza, o integrarsi con la vita quotidiana in nuovi modi“. Sono queste le parole scelta da Maristella Casciato, curatrice di architettura presso il Getty Research Institute, per introdurre il campo di indagine di MONUMENTality, la mostra da lei curata con Frances Terpak e Katherine Rochester.
Visitabile fino al 21 aprile 2019 al Getty Research Institute (GRI) di Los Angeles, questo progetto espositivo analizza il ruolo e il significato dei monumenti nella cultura contemporanea, incoraggiando ad attivare confronti e analisi tra testimonianze legate a diverse epoche e zone del pianeta.
A questo fine, il percorso della mostra riunisce una pluralità di autori e di opere d’arte, selezionati a partire dal patrimonio del GRI. Del resto, come ha dichiarato il direttore dell’isituzione, Andrew Perchuk, “le collezioni speciali del GRI sono una ricca fonte di materiale d’archivio che permette di avere una visione ampia della vita dei monumenti e del concetto di monumentale, dal classico al contemporaneo.”
A questa presentazione di libri storici e rari, fotografie, opere di arte contemporanea, oggetti legati all’esercizio del potere e della politica, prendono parte numerosi autori tra cui Ed Ruscha, Dennis Adams, Annalisa Alloatti, Lane Barden, Mirella Bentivoglio, Joyce Cutler-Shaw, Tacita Dean, Leandro Katz, Michael Light, Benedetta Cappa Marinetti, Edward Ranney e Ursula Schulz-Dornburg.
Esposto anche un “monumento decostruito” realizzato da Theaster Gates – l’artista attualmente in residenza presso al Getty Research Institute – che per l’occasione ha rielaborato un suo lavoro proponendo una sorta di “smantellamento drammatico degli stereotipi razzista“. Come ha osservato Frances Terpak, che opera all’interno del dipartimento di fotografia del CRI, “i monumenti sono spesso realizzati da artisti, ma gli artisti considerano il monumento anche come soggetto da esplorare, decostruire e sfidare“.
Anche la dimensione architettonica e urbana viene presa in esame dalla mostra, che comprende una riflessione sul concetto di monumentalità in relazione alle città, sia reali che immaginarie. Progetti per un Palazzo dei Soviet mai costruito, relativi a un concorso internazionale del 1931-1933 o un piano utopico per collegare Berlino Est e Ovest al culmine della Guerra Fredda, per citare alcune delle opere relative a questa “sezione”, rivelano come la pianificazione urbana e il ricorso ai monumenti siano stati considerati “strumenti” funzionali al potere.
[Immagine in apertura: Mikhail Karasik, Table 3, Palace of Soviets Project. From Mikhail Karasik, The Palace of Soviets: Design Competition (Saint Petersburg, 2006). Getty Research Institute, Los Angeles (2732-729) © Mikhail Karasik, 2006]