Ispirata alla vera storia di Don Shirley e Tony Lip, la pellicola diretta da Peter Farrelly racconta non soltanto gli esordi di una grande amicizia, ma anche le vessazioni a cui erano sottoposti gli individui di colore nell’America di cinquant’anni fa.
C’è grande attesa per il debutto nelle sale cinematografiche italiane – il 31 gennaio – di Green Book, il film candidato a cinque Premi Oscar. Diretta da Peter Farrelly, la pellicola getta nuova luce su una leggenda del jazz afroamericana pressoché dimenticata ‒ Don Shirley, cui presta il volto l’attore Mahersala Ali ‒ e sul legame di amicizia venutosi a creare con l’improbabile compagno di viaggio Tony Vallelonga, detto Tony Lip.
Ispirato a una storia vera, il film è ambientato nell’America degli anni Sessanta, ancora intrisa di pregiudizi razziali ai danni del popolo di colore. Dopo essere stato cacciato dal club di New York in cui lavorava, il buttafuori italoamericano Tony Lip, interpretato da Viggo Mortensen, accetta di lavorare per il geniale pianista Don Shirley, facendogli da autista durante un tour di concerti nel sud del Paese.
Nonostante il talento del musicista sia osannato dal suo pubblico, Shirley è costretto a subire una lunga lista di vessazioni a causa dei pregiudizi razziali ancora radicati nel tessuto sociale del sud degli Stati Uniti. Per queste ragioni, Tony Lip deve ricorrere al cosiddetto green book, una sorta di vademecum che riuniva gli alberghi e i ristoranti disposti ad accogliere i neri durante un’epoca dai contorni drammatici.
Separati da temperamenti pressoché opposti, Shirley e Tony Lip troveranno comunque il modo di instaurare un rapporto di amicizia duraturo, sullo sfondo di una narrazione che pone in evidenza l’assurdità dei pregiudizi e la necessità di superarli, per garantire lo sviluppo di una società all’insegna del dialogo e della comprensione reciproca. Un messaggio universale, valido oggi più che mai.