Chi era veramente Frida Kahlo? Perché la sua immagine è divenuta così popolare nella nostra epoca? Nonostante la "sovraesposizione forzata", cosa è davvero noto della sua personalità, del suo modo di intendere la vita? Il progetto "Io ti chiamo Frida. Un racconto su Frida Kahlo", curato da Paola Zoppi, promette di disegnare un ritratto intenso e autentico di un'artista-icona.
Cosa può rivelare, a chi è appassionato della sua arte ma anche a chi continua a osservarla con distacco e diffidenza, la vicenda biografica di una delle artiste più amate del Novecento, oggetto in anni recenti di un’autentica “mania”?
La giornalista Paola Zoppi ha intrapreso un “viaggio” alla ricerca del lato intimo e autentico della pittrice, attingendo dalle tante pagine che sono state scritte nel tentativo di analizzare la sua personalità e ricostruire la sua vita.
I diari della pittrice messicana, ma anche i racconti e i romanzi realizzati attorno alla sua figura sono divenuti il materiale per un’appassionata ricerca, dalla quale emerge la storia di un’esistenza complessa e affascinate, nonché il ritratto di una donna che, tra lucidi deliri artistici, ha sperimentato in prima persona il dolore fisico, il tradimento, la reclusione forzata, il tormento e il vigore di un amore sui generis, come quello per Diego Rivera.
Venerdì 18 gennaio, alle ore 21, il Circolo dei lettori di Torino ospiterà Io ti chiamo Frida. Un racconto su Frida Kahlo, l’appuntamento curato da Paola Zoppi, nel corso del quale verrà tracciato un ritratto dell’artista, oggi divenuta quasi un’icona glamour.
Le sue opere e il suo volto, ormai abitualmente riprodotti su centinaia di prodotti tra cui magliette, borse, poster, si limitano a mostrare ed esibire l’aspetto esteriore di una figura che ha inciso nella storia dell’arte del secolo scorso. Ma chi era davvero l’artista nata nel 1910 a Coyoacan, in Messico, vittima di un incidente stradale ad appena 18 anni, costretta a convivere con un’invalidità fisica e con lancinanti dolori fino alla fine dei suoi giorni, senza mai rinunciare all’amore per l’arte?