Il Met Breuer ospita la prima retrospettiva dedicata a Lucio Fontana dagli Stati Uniti da quarant'anni a questa parte. Un viaggio che affonda le radici nella pittura e raggiunge i celeberrimi “ambienti”.
Sono trascorsi più di 40 anni dall’ultima monografica statunitense intitolata a Lucio Fontana e oggi il Met Breuer rinnova l’interesse d’oltreoceano verso il suo operato con la mostra Lucio Fontana: On the Threshold, allestita dal 23 gennaio al 14 aprile nella sede museale newyorkese.
L’esposizione, curata da Iria Candela ed Estrellita B. Brodsky, riunisce un importante corpus di lavori pittorici, ceramiche, sculture e ambienti che descrivono la carriera di Fontana dal 1931 al 1968. In particolar modo, la mostra si concentra sull’approccio dell’artista alla pittura, elemento cardine della sua poetica e punto di partenza dei celeberrimi Tagli e Buchi.
Il supporto pittorico, infatti, “aggredito” da Fontana che lo squarcia e quindi lo modifica, irrimediabilmente, è la base da cui prende le mosse la ricerca dell’artista sulla materia, in un’ottica di costante sperimentazione che lo indurrà a utilizzare anche la ceramica e l’argilla e a volgere lo sguardo alla fisicità dello spazio circostante, dando vita ai celeberrimi Ambienti spaziali.
La rassegna newyorkese, oltre a includere i lavori pittorici degli esordi, con i primi Buchi e con le tele che precedettero i Tagli ‒ ottenute grazie a un impasto fatto anche di vetro di Murano ‒ accende i riflettori sulle sculture di donne, guerrieri e sulle delicate ceramiche ispirate all’immaginario marino.
Non mancano i riferimenti all’uso del neon, con la ricostruzione della monumentale Neon Structure for the Ninth Milan Triennial (1951) e le due installazioni immersive mai esposte negli Stati Uniti, Spatial Environment “Utopias,” at the Thirteen Milan Triennial (1964) e Spatial Environment in Red Light (1967).
[Immagine in apertura: Harry Shunk fotografa Lucio Fontana]