Fino al 2 giugno, l'artista statunitense di origine tedesca espone una quarantina dei suoi lavori, relativi agli ultimi due decenni della sua attività, negli spazi dell’Andito degli Angiolini di Palazzo Pitti. Si tratta della sua prima monografica in un’istituzione pubblica italiana.
Con Kiki Smith. What I saw on the road l’arte contemporanea varca ancora una volta la soglia di Palazzo Pitti. All’artista statunitense, nata a Norimberga, il museo fiorentino diretto da Eike Schmidt dedica infatti la prima mostra monografica ospitata in un’istituzione pubblica italiana.
In particolare, questa esposizione si inserisce nel filone, avviato negli anni scorsi, dei progetti espositivi dedicati alle donne dell’arte, un’iniziativa che aveva debuttato nel 2017, con un omaggio all’austriaca Maria Lassnig e alla sua intensa opera d’introspezione, per proseguire nel 2018 con la poetica della tessitura dell’artista sarda Maria Lai.
Interprete di spicco del movimento femminista nelle arti visive, nota a livello internazionale, Smith è autrice in questi ultimi anni di opere “la cui potenza comunicativa evita lo scontro frontale o la brutalità dell’indagine sul corpo, ma non è meno coraggiosa né meno spiazzante“, come ha osservato il direttore Schmidt.
Il corpo femminile, soggetto privilegiato dell’analisi di Kiki Smith, emerge da questa lavori in tutta la sua fragilità, tra raffigurazioni in cui colpisce appare lacerato e persino smembrato e opere nelle quali sembra manifestarsi uno slancio di riscatto e ribellione. La tecnica dell’arazzo in cotone jaquard offre all’artista un’opportunità di sperimentazione; nel percorso espositivo sono presenti anche sculture in bronzo, argento e legno e opere su carta.
Il rapporto tra corpo e mondo e tra uomo, Natura e cosmo costituisce un altro polo tematico della monografica e risulta centrale nella produzione più recente. Come suggerisce il titolo della rassegna, l’artista sembra incoraggiare gli osservatori a riflettere sulla vulnerabilità della condizione umana, provando a gettare lo sguardo anche quanto accade fuori dal corpo, ovvero su “what I saw on the road“.
Per Renata Pintus, che ha curato la mostra con il direttore Schmidt, Kiki Smith dà vita a “una cosmografia contemporanea utile a ribadire quella continuità organica, psicologica, spirituale e dell’immaginario che non conosce gerarchie tra gli esseri viventi e che costituisce lo sfondo comune sul quale si disegnano le vicende dell’intero universo naturale“.
[Immagine in apertura: Kiki Smith, Congregation, dettaglio, 2014, arazzo in cotone jacquard. Oakland, California, Magnolia Editions. Per gentile concessione dell’artista e della Pace Gallery]