La fotografia di Dave Heath, tra alienazione e solitudine

8 Marzo 2019

Dave Heath, California, 1964 © Dave Heath / Courtesy of Howard Greenberg Gallery, New York, and Stephen Bulger Gallery, Toronto

Solitudine e alienazione. Sono questi i due poli concettuali presi in esame dalla fotografia di Dave Heath, in mostra negli spazi londinesi di The photographers’ Gallery fino al 2 giugno. Un viaggio tra le pieghe di un immaginario visivo nel quale trovano forma le istanze di un’epoca, quella contemporanea, dominata da un senso di isolamento sempre più radicato.

A Dialogue With Solitude prende le mosse dall’omonima pubblicazione dell’artista e sottolinea l’importanza della sequenzialità nella pratica di Heath, che fu in grado di comporre racconti basati non soltanto sulla potenze delle immagini, ma anche su una narrazione poetica fatta di parole, nell’ottica di un montaggio in cui a vincere è, ancora una volta, la logica della sequenza.

La mostra londinese, curata da Diane Dufour, affianca agli scatti di Heath alcune pellicole culto del cinema americano ispirate alle medesime tematiche prese in esame dal fotografo. Ne sono un esempio Portrait of Jason di Shirley Clarke (1966), Salesman di Albert e David Maysles e Charlotte Mitchell Zwerin (1968) e The Savage Eye di Ben Maddow, Sidney Meyers e Joseph Strick (1960).

[Immagine in apertura: Dave Heath, California, 1964 © Dave Heath / Courtesy of Howard Greenberg Gallery, New York, and Stephen Bulger Gallery, Toronto via thephotographersgallery.org.uk]