Palazzo Grassi prosegue a Venezia il ciclo di mostre monografiche dedicate ai grandi artisti contemporanei. Stavolta i riflettori si accendono su Luc Tuymans, pilastro della pittura ai nostri giorni.
È un tratto pittorico inconfondibile quello che accompagna la poetica di Luc Tuymans, artista belga classe 1958, cui il veneziano Palazzo Grassi dedica la rassegna appena inaugurata fra le proprie sale, nell’ambito del programma di mostre monografiche intitolate ai grandi artisti del presente.
Visitabile fino al 6 gennaio 2020, La Pelle ‒ questo il titolo della mostra ‒ fa il punto sulla pittura di Tuymans, riunendo opere realizzate dal 1986 a oggi.
Curata da Caroline Bourgeois e dallo stesso Tuymans, la rassegna è la prima personale italiana dell’artista che, a partire dalla metà degli anni Ottanta, ha riportato l’attenzione del pubblico sul linguaggio pittorico, spiccando per il talento nella resa di atmosfere solcate da intensità e rarefazione.
Le oltre 80 opere esposte, provenienti dalla Collezione Pinault, da musei internazionali e raccolte provate, animano la superficie de La Pelle, titolo scelto da Tuymans in riferimento al romanzo eponimo di Curzio Malaparte, pubblicato nel 1949. Senza seguire alcun criterio cronologico, la mostra pone in evidenza i temi scelti dall’artista ‒ la storia recente, la quotidianità, la sfera personale ‒ e declinati da quest’ultimo fino a restituire, come dichiarato da Tuymans, una “falsificazione autentica” della realtà.
L’itinerario espositivo include un solo lavoro non pittorico, il poderoso mosaico site-specific realizzato nell’atrio di Palazzo Grassi. In marmo, con un’estensione di oltre 80 metri quadrati, l’intervento riproduce Schwarzheide, l’opera dipinta da Tuymans nel 1986. Il richiamo al campo di concentramento tedesco risuona anche nel soggetto, ispirato al disegno di un prigioniero durante il suo periodo di detenzione, nel cuore della Seconda Guerra Mondiale.
[Immagine in apertura: Luc Tuymans. La Pelle, exhibition view, Palazzo Grassi, Venezia, photo by Irene Fanizza per Artribune]