Il pittore olandese amò Londra e si appassionò alla cultura britannica, finendo per essere influenzato dai suoi artisti. A loro volta, la vita e la produzione di Van Gogh finirono per aprire la strada alle generazioni di autori che lo seguirono, a partire da Bacon. Una mostra in apertura a Londra ricostruisce questo doppio filone narrativo.
A Londra si alza il sipario su The EY Exhibition: Van Gogh e la Gran Bretagna, la prima mostra che getta nuova luce sull’artista olandese prendendo in esame il suo rapporto con la Gran Bretagna.
Ospitata alla Tate Britain, a partire dal 27 marzo, la rassegna si sofferma sulle diverse modalità attraverso le quali il pittore si è ispirato all’arte, alla letteratura e alla cultura britannica in senso lato, nel corso della sua carriera. Un interesse ricambiato, come attestano le produzioni di artisti britannici come Walter Sickert e Francis Bacon, anch’esse documentate da questo progetto espositivo.
Visitabile fino all’11 agosto prossimo e curata da Carol Jacobi e Chris Stephens, con Martin Bailey e Hattie Spires, The EY Exhibition: Van Gogh e la Gran Bretagna riunisce oltre 45 opere provenienti da collezioni pubbliche e private di tutto il mondo. Tra queste, figurano l’Autoritratto concesso della National Gallery of Art di Washington, L’Arlésienne (1890) del Museu de Arte de São Paolo, Starry Night on the Rhône (nell’immagine in apertura) del Musée d’Orsay di Parigi e i Girasoli della National Gallery di Londra, che fin qui sono stati raramente concessi in prestito per appuntamenti espositivi temporanei. Presenti anche opere tarde dell’artista, tra cui due dipinti degli anni che Van Gogh trascorse nel manicomio di Saint-Paul.
Il percorso espositivo esplora la passione di Van Gogh per le stampe e le opere di arte grafica britanniche: nonostante le condizioni di indigenza, il pittore raccolse circa 2mila incisioni, recuperandole dalle riviste inglesi come l’Illustrated London News. Parallelamente viene posto l’accento su un passaggio chiave della sua vicenda biografica: tra il 1873 e il 1876 l’artista trascorse diversi periodi a Londra, scrivendo al fratello Theo di essere arrivato ad amarla. L’ampiezza e la modernità della città lo spinsero ad esplorare nuove strade, sul fronte artistico e personale.
Fu in questo modo che maturò il suo interesse verso la cultura britannica, destinato a incidere nella sua carriera artistica. Osservò in prima persona le opere di John Constable e John Everett Millais, si avvicinò agli scrittori britannici, da William Shakespeare a Rossetti, finendo per subire l’influenza di Charles Dickens. Lo testimonia il ritratto L’Arlésienne: realizzato nel 1890, ultimo anno della sua vita, è legato proprio allo scrittore.
La mostra, infine, mette in risalto il ruolo rivestito dalla sua arte e della sua vita nel destino di artisti britannici moderni come Matthew Smith, Christopher Wood e David Bomberg.
La conclusione di questa narrazione è affidata a un importante gruppo di ritratti di Francis Bacon, basati su un autoritratto di Van Gogh distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale e conosciuto solo grazie ad alcune fotografie.